Recensione a “Saffo, la ragazza di Lesbo” romanzo di Silvia Romani

“Saffo, la ragazza di Lesbo” romanzo di Silvia Romani

Recensione a cura di Alessandra Ottaviano

Nel romanzo Saffo, la ragazza di Lesbo Silvia Romani ci riporta nella Lesbo del VII secolo a.c.: ultimo avamposto greco, a un passo dalle coste dell’Asia Minore su cui sorgeva Ilio. Troia e Lesbo sono una lo specchio dell’ altra.
L’approccio dell’ Autrice, docente universitaria, consiste nel proporre una vera e propria esegesi delle fonti, passando dalle più antiche alle più moderne: tantissimi sono, infatti, i rimandi alla cultura classica e i legami con la mitologia.
Non è questa una biografia di Saffo nel senso stretto del termine ma la ricostruzione, poetica e colta, di un affresco del mondo in cui è vissuta la poetessa entrata nella leggenda.
Saffo è stata la musa per i pittori che l’hanno ritratta, per gli scultori che l’hanno creata dalla nuda pietra e per i poeti che ne hanno ricalcato i versi, sperando di riuscire a toccarne l’essenza; perché ancora oggi lei incarna i turbamenti e le sofferenze d’amore, e non smette di esercitare fascinazione su autori e artisti d’ogni tempo e paese da Leopardi, a Pascoli, a Baudelaire e, financo, ad Allan Poe.
Chi di noi trovandosi sotto gli occhi qualche suo famoso frammento è rimasto insensibile all’incanto stordente dei suoi versi?

Depositaria di una capacità concessa ai pazzi, agli amanti e ai poeti, di dar vita dal nulla a un bosco che è un intero universo seppur fatto della materia dei sogni… Ha mostrato di essere in grado di sottomettere una rosa, di interpretare un’onda, o un usignolo e di dire “ti amo” perché si commuovesse un intero universo.