Recensione a “Il testamento del Papa” romanzo di Giulio Leoni

“IL TESTAMENTO DEL PAPA” romanzo di Giulio Leoni

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

La scintilla non è scattata.

Chissà, forse non era il momento giusto per affrontare il libro o, forse, il romanzo manca di quel mitico quid pluris in grado, non solo di amalgamare al meglio tutti i suoi ingredienti ma, anche, se non soprattutto, di renderlo appetibile in ogni tempo.

Eppure non tutto è da scartare, anzi!

Strutturato secondo lo schema classico della pluralità di linee temporali lungo le quali si sviluppa la narrazione, Il testamento del Papa offre alcuni spunti di riflessione e di ricerca non banali.

Indubbiamente il primo di tali spunti è legato alla figura di Silvestro II, al secolo Gerberto d’Aurillac, forse poco noto ai più, pur essendo il Papa che traghettò il mondo cattolico nel nuovo millennio. Soprattutto, e qui si inserisce Leoni con le sue trame, Silvestro II fu accompagnato dalla fama sinistra di essere astrologo, stregone, in stretto contatto con demoni e diavoli. E, così, la macchina parlante del Papa, vera protagonista del romanzo, porta a pensare a come l’Autore abbia precorso i tempi parlando di intelligenza artificiale: il libro in esame è del 2013!

Ma Il testamento del Papa non è solo quello. Leoni è bravo a inserire nel narrato principale la vicenda parallela, ma non troppo, della ricerca, da parte dei servizi inglesi, di una fantomatica spia tedesca; la stessa scelta di ambientare la trama “attuale” nella Roma del 1928, ovvero dopo l’omicidio Matteotti ma a ridosso della firma dei Patti Lateranensi denota la capacità dell’Autore di sapersi muovere in un’epoca storica che avrebbe potuto essere ma che non è stato [o non è stato come ci si poteva attendere].

Peccato che, come accennato, il ritmo narrativo non renda pienamente coinvolgenti le pagine, alcune delle quali appaiono dal taglio un po’ troppo descrittivo.

Qualche perplessità potrebbe suscitare il come Cesare Marni e la sua compagna di avventure Marcella Venantini riescano a muoversi su e giù per l’Italia centrale, non solo senza soldi, ma cogliendo sempre all’ultimo le coincidenze ferroviarie o passaggi da perfetti sconosciuti su… automobili americane!

Perplessità che investono anche l’essere aviere provetta della Venantini: siamo pur sempre in Italia nel 1928 anche se, come scrive Leoni in coda alla Nota dell’Autore:

che cos’è un romanzo se non l’opera congetturale per eccellenza?

Chissà: una sforbiciatina qua e là e maggior incisività in alcuni passaggi avrebbero potuto rendere Il testamento del Papa maggiormente allettante.

Intanto: buona lettura!