Recensione di “L’eredità di Eszter”

“L’EREDITÀ DI ESZTER” di Sándor Márai

Recensione a cura di Antonella Raso

L’eredità di Eszter è un romanzo dello scrittore ungherese Sándor Márai, nato nel 1900 a Košice (nell’attuale Slovacchia), Capitale europea per la cultura nel 2013.

Egli fu un vero cosmopolita, a causa sia di motivi politici (nel Secondo Dopoguerra i comunisti occuparono l’Ungheria), sia di lavoro: soggiornò in Germania, in Svizzera, in Italia; e morì suicida nel 1989 a San Diego in California.

Romanziere, scrittore, poeta, giornalista e drammaturgo, le sue opere appartengono di diritto alla migliore letteratura mitteleuropea del Novecento. La sua fama è legata in particolare a due romanzi: L’eredità di Eszter, pubblicato per la prima volta nel 1939 (mentre la traduzione italiana è del 1999, ed. Adelphi), e Le braci, dato alle stampe nel 1942 e apparso in Italia nel 1998 sempre con Adelphi.

“Non so cosa mi riservi ancora il Signore. Ma prima di morire voglio narrare la storia del giorno in cui Lajos venne per l’ultima volta a trovarmi e mi spogliò di tutti i miei beni.”

Il romanzo ruota attorno a due personaggi, Eszter e Lajos, legati da ricordi, menzogne, tradimento ed emozioni.

La narrazione inizia con l’arrivo di una lettera che annuncia il ritorno di Lajos dopo vent’ anni d’assenza.

Eszter è una donna che ha speso la sua vita nell’ attesa dell’amore, incapace di arrendersi agli azzardi della vita; è una donna debole e passiva.

Lajos è un uomo arido, calcolatore, manipolatore, un vero e proprio mascalzone dotato di una tale forza persuasiva da riuscire a imporsi sempre sulle persone che incontra.

“Siamo legati ai nostri nemici che a loro volta non sono in grado di sfuggirci.”

Ho amato e condannato, allo stesso tempo, la figura femminile di Eszter; ho sperato fino all’ultimo in un finale diverso, avrei voluto vedere in lei un tentativo di ribellione, un gesto di opposizione.

L’ho amata per la sua fragilità umana e per la sua devozione; mi ha molto infastidita la sua arrendevolezza agli eventi (mettendo a rischio il suo futuro e quello della sua governante Nunu), il suo essere priva di personalità, la sua scarsa stima di sé.

Ha preferito illudersi e lasciarsi usare piuttosto che affrontare la realtà ed esigere il rispetto per se stessa.

Con la penna al posto del pennello Márai dipinge l’incapacità di reagire al corso degli eventi (attraverso i temi dell’attesa, della debolezza umana e la messa in discussione del tradimento è possibile trovare un collegamento con il romanzo Le Braci) e la rappresentazione della devastazione psicologica di chi si imbatte in personaggi ammalianti.

“Quando qualcuno riemerge dal passato per annunciare con voce commossa di voler mettere a posto ogni cosa, si può soltanto compiangerlo, o sorridere delle sue intenzioni; il tempo ha già messo a posto tutto, a modo suo, nell’unico modo possibile.”

Dopo Le Braci, L’ eredità di Eszter non ha deluso le mie aspettative.

Voto 100/100.