Recensione di “Maigret e il castellano”

“MAIGRET E IL CASTELLANO” di Georges Simenon

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

Leggere le avventure del commissario Maigret è sempre un piacere.

Simenon ha il dono di sdrammatizzare le situazioni più spinose tant’è che il suo protagonista:

“Ogni inchiesta, ogni rapporto di convivenza umana, Maigret li conduce senza alzare mai la voce: detesta gli uomini che sanno tutto, la gente pronta a trinciare giudizi, ansiosa di emergere in ogni circostanza.”

(dalla seconda di copertina)

Ed è così anche in questa indagine, la morte di un modesto agente di commercio che si rivelerà essere tutt’altro che semplice routine per il nostro commissario. E sì perché, per risolvere l’enigma di chi fosse il morto e, soprattutto, del come e perché sia morto, il buon Maigret dovrà sudare le proverbiali sette camicie, e non solo per ragioni climatiche.

Leggere Simenon a distanza di così tanti anni dalla data di pubblicazione delle sue opere ha un sapore particolare, un misto di nostalgia e di calore umano; un viaggio in un’epoca, in un modo di vivere che, paradossalmente, è più vicino di quanto si possa pensare, nonostante siano passati ottant’anni dai fatti narrati.

Ma, attenzione, non diamo per scontato che quanto detto si traduca in una scrittura banale, superficiale, anzi: al lettore è richiesta attenzione, concentrazione; sbagliato sarebbe sottovalutare il commissario e i suoi ragionamenti…

In fin dei conti:

“Chi è Maigret? Un uomo comune, un uomo eccezionale? Soltanto un uomo.”

(sempre dalla seconda di copertina)