Recensione a “Le ossa parlano”

“LE OSSA PARLANO” di Antonio Manzini

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

“Non lo so che importanza abbia il futuro, il mio almeno. È una stanza senza finestre”.

Se il futuro è ignoto il presente è amaro.

È un’indagine che nessuno vorrebbe affrontare quella che il vice-questore Rocco Schiavone e la sua squadra si trovano per le mani. Un’indagine che Antonio Manzini descrive al meglio, quasi in punta di fioretto, senza bisogno di ricorrere a immagini esplicite: bastano le parole giuste al posto giusto.

E con quelle parole Manzini trascina il lettore nell’inferno della Rete profonda, oscura, dove mostri – chiamarli esseri umani sarebbe una mostruosità peggiore – navigano con nicknames e codici verbali noti solo a loro, divertendosi a uccidere l’innocenza di creature indifese.

Al riguardo, ciò che colpisce, è la (non) reazione di Schiavone una volta trovatosi di fronte all’orco:

“Ero convinto che t’avrei messo le mani addosso, t’avrei sfondato il culo a calci. Invece sono stupito”, la voce di Rocco era piana, atona. “Mi fai una pena profonda, neanche schifo, perché lo schifo l’hai superato. Sei malato, di brutto, e non credo esista una medicina per te. Ecco perché mi fai pena, da solo contro tutto questo”, e gli toccò la fronte con l’indice, “è una partita impari…”.

Probabilmente sarebbe stato naturale attendersi una reazione come quella del vice-ispettore Antonio Scipioni, ma la logica di Rocco Schiavone, la sua vita, il suo passato, l’hanno forgiato rendendolo alieno ai sentimenti.

Ne è una prova la sua incapacità – dopo la morte dell’adorata Marina, e nonostante le sue esortazioni – di lasciarsi andare, di saper donare e ricevere affetto da altre donne (da ultima: Sandra Buccellato).

Manzini è abile nel distrarre il lettore dalla vicenda del povero Mirko Sensini (il bambino vittima del Male) seminando qua e là diversivi, “pezzi” di storie buoni per imbastire un nuovo romanzo sulle avventure del vice-questore più amato: dal quarto d’ora di celebrità del duo D’Intino – Deruta; alla caduta dell’agente Italo Pierron; al ritorno in Questura di Caterina Rispoli.

A proposito: chi è Pietro Rakovic?

Buona lettura.

P.S.: chissà se H. G. Wells avrebbe apprezzato l’essere – seppur incidentalmente – coinvolto in una vicenda così innominabile?

P.S.2: i bambini non si toccano.