“BETTY” di Georges Simenon
Recensione a cura di Antonella Raso
Una bella donna dalla condotta scandalosa approda sullo sgabello di un bar degli Champs-Elysées, con la testa confusa dall’alcool. Che cosa c’è dietro? Per lo meno una magistrale indagine nelle zone più remote e più torbide della psiche femminile.
“Essere donna, insomma, voleva dire subire, voleva dire essere vittima, e la cosa mi appariva un po’ patetica.”
Non amo il Simenon di Maigret, ma adoro la penna di quel Simenon che ci svela questi personaggi memorabili.
La giovane protagonista ci viene a poco a poco svelata, moglie e madre che non è mai riuscita a recitare il suo ruolo. Tra le nebbie dell’alcool veniamo a conoscere il motivo per il quale la donna dai vestiti alla moda sia ora smarrita, sporca, reduce dal vagare senza meta precisa dopo essere stata sorpresa dal marito Guy a letto con uno dei molti amanti.
Tutta la narrazione è permeata di uno stato di autodistruzione: Betty è un personaggio al limite, scuro, ribelle e disperato, creato magistralmente da Simenon per addentrarsi nella psicologia femminile, a volte tortuosa e complessa.
Una domanda si insinuerà nella mente del lettore: chi è Betty?
Una donna perduta o ritrovata?
A voi il piacere di scoprirlo.