“L’apprendista di Goya” di Sara Di Furia
Recensione a cura di Beniamino Malavasi
Sbirciando in Rete si può leggere:
“La versatilità dell’estro creativo di Goya fa sì che egli sia un artista difficilmente inseribile entro i ristretti orizzonti di una definita corrente artistica. I quadri di Goya, infatti, risentono congiuntamente delle sue aspirazioni illuministe-razionali e di impulsi irrazionalistici già romantici. L’artista è ben consapevole di questo suo dualismo tra sentimento e ragione e si propone così di superare il perfezionismo tipico dello stile neoclassico e di raffigurare scene tratte dalla realtà quotidiana o dalla sua immaginifica fantasia, aprendo così la strada al Realismo e al Romanticismo. È in questo modo che Goya matura uno stile molto autonomo e originale, svincolato dagli schematismi accademici e animato da una grande libertà d’espressione e da un linguaggio grintoso, pieno di vigore, sottilmente ironico” [fonte: Wikipedia – voce Francisco Goya]
“Tutti gli studiosi sono concordi nel definire il movimento [romantico] come l’espressione di un “modo di sentire” e alcune delle caratteristiche che possono definirsi peculiari di questo sentimento sono: l’interesse per il misterioso e il fantastico, per il sublime, l’amor patrio, l’individualismo, l’esaltazione dei sentimenti, insomma un rifiuto di schemi e regole in nome dell’indomita espressione artistica.” [fonte: sito operalife.it]
Ecco spiegato L’apprendista di Goya di Sara Di Furia.
Troppo semplicistico dite?
Può darsi.
“La bellezza – continuò [è Goya che parla] – racchiusa in un’immagine, nel pentagramma di un musicista, nella storia di un romanziere, nella danza di una ballerina di flamenco o nel canto gregoriano, rende Dio manifesto. Essa è il modo che Lui ha scelto per svelarci qualcosa di se stesso, il modo in cui Lui ci raggiunge. Nella bellezza è racchiusa e svelata la Sua promessa di salvezza. Se non ci fosse bellezza, Manuèl, il mondo sarebbe davvero poca cosa. Prigione. Inferno. L’arte invece è anima mundi, ciò che dà senso al nostro esistere, che ci ricorda che il nostro destino non è qui, ma in qualcosa di così perfetto e meraviglioso da mozzare il fiato.”
Parola di Sara Di Furia [cap. 3, pagg. 90-91]. E scusate se è poco.
Ecco spiegato L’apprendista di Goya di Sara Di Furia.
E gli omicidi? E l’incendio [quindi, il fuoco]? Insistete.
Leggete bene il romanzo e capirete.
La passione, il sangue, il fuoco.
Riprendete gli indovinelli che la principessa Turandot rivolge a Calaf affinché egli possa aver salva la vita e impalmarla.
Riprendete Il nome della rosa di Umberto Eco: di fatto, come si conclude il suo romanzo? Che fine fanno la Biblioteca e i suoi misteri?
La passione, il sangue, il fuoco.
E Sara di Furia li rende manifesti, palpabili, a portata di mano: come? Narrando in prima persona.
“Scrivere in prima persona è da pazzi, ma questa storia lo esigeva”
Ha confessato in privato l’Autrice.
No cara Sara, non è da pazzi. Significa avere coscienza delle proprie capacità.
Molto di più di thriller storico questo romanzo: un affresco, un quadro di Madrid di fine ‘700. Insomma, un libro da leggere e gustare.
Un’ultima cosa. Tu che leggerai L’apprendista di Goya, sarai in grado di identificare i richiami ad altre opere? Indizi: uno è un’opera lirica; l’altro, una poesia. Opera lirica e poesia sono di autori italiani.
Dimenticavo:
“Noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana. E la razza umana è piena di passione.” [prof. John Keating]
Per rimanere in tema:
Qui la recensione a cura di Antonella Raso