Recensione a “Bianca vestita di nero” romanzo di Angela Caputo

“Bianca vestita di nero” romanzo (e non solo) di Angela Caputo

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

Appunti per recensione presi in corso di lettura.

Mi risulta non facile parlare dl libro dopo quanto esposto da Elena Midolo nella Prefazione: il rischio sarebbe quello di risultare pleonastico.

Tuttavia devo ringraziare l’Autrice per avermi fatto conoscere una realtà a me purtroppo ignota: il Campo di Ferramonti di Tarsia in Calabria.

Recensione a lettura ultimata.

Sullo sfondo delle Leggi razziali del 1938, manifesto di una stagione nefasta che portò l’Italia – e l’Europa – alla distruzione, Angela Caputo costruisce una storia d’amore contrastata dal finale… beh, il finale va letto e non anticipato.

Narrando in prima persona la propria vita Bianca, Goran, Pietro, Matilde narrano, in realtà, un pezzo di vita dell’Italia fascista in quella zona di Calabria occupata dal campo, se vogliamo, atipico, di internamento di Ferramonti nei pressi di Tarsia [Cosenza].

Alzi la mano chi conosceva/conosce tale realtà italiana! Io confesso la mia ignoranza.

Perché ho scritto che Ferramonti era un campo “atipico”? Cosa lo distingueva da mostri come Auschwitz, Dachau, Buchenwald o il “nostro” Fossoli?

Ecco: qui sta il nocciolo dell’Opera di Caputo; e, come avevo segnato negli appunti sopra riportati, qui si rivela d’aiuto la Prefazione di Elena Midolo.

Poi, certo, San Wikipedia toglie tutti d’impaccio, anche se in tono asettico.

Invece, con Bianca vestita di nero, Angela Caputo ci fa respirare, ci fa pensare, ci accompagna dentro al buco nero; e ci fa porre quella domanda che ha, sì, tante risposte che, di fatto, equivalgono a nessuna risposta, ovvero: perché???

Ma non è tutto.

In quelle 462 pagine c’è, sì, il romanzo ma ci sono anche intellettuali, note, spiegazioni (ricordate l’aggettivo “atipico” di cui sopra?); insomma: un piccolo saggio!

E, ahimè, si scopre che la “memoria” dà fastidio e che, di conseguenza, sia meglio cancellare le tracce di un passato scomodo.

Grazie ad Angela Caputo per tener viva quella Memoria.