Recensione di “Un amore di Raffaello”

“UN AMORE DI RAFFAELLO” di Pierluigi Panza

Recensione a cura di Alessandra Ottaviano

Ci sono storie d’amore che “sento” più di altre e che leggerei all’infinito.

La storia tra Raffaello e Margherita è una di queste: sicuramente rientra tra gli amori più celebri della storia dell’arte, ed è stato fonte di ispirazione per innumerevoli artisti e letterati nel corso dei secoli.

L’Autore celebra contemporaneamente il genio di Raffaello e questo sentimento, calandosi nei panni di Margherita Luti, figlia di un panettiere di Trastevere e, per questo, soprannominata “la fornarina”, leggendaria modella e amante del pittore. Attraverso di lei, con narrazione in prima persona e ricca di pathos, Panza ci mostra la Roma del tempo; e con lei riviviamo gli ultimi anni della vita del Maestro, gli anni della gloria, durante i quali lavora per due papi e ricchi committenti, tra cui il banchiere Agostino Chigi per il quale decora la “Loggia di Psiche” di Villa Farnesina, un capolavoro senza eguali:

Sembrava che gli dei pagani fossero venuti ad abitare sulle rive del Tevere. Nessuno prima di Raffaello, aveva dipinto così tanti corpi bramosi, tanta esibita bellezza.

Nelle pagine di Panza l’alacre bottega di Raffaello prende vita in un via vai di apprendisti, collaboratori, servi, modelle, committenti e celebri cortigiane.

L’Artista la nota per caso – il classico incontro del destino – e la prende con sé, introducendola in un mondo completamente diverso dal suo.

Margherita fa, così, i conti con la bruciante gelosia che prova per le altre donne del Maestro, una su tutte Marietta Dovizi, nipote del potente cardinal Bibbiena e promessa o, per meglio dire, imposta sposa di Raffaello (matrimonio che, per altro, non verrà mai celebrato).

Il romanzo è un piacevole viaggio nella Roma rinascimentale, nella bellezza, anche grazie alle raffinatissime descrizioni delle opere d’arte citate.

Tuttavia, nel 1520, la brusca, improvvisa dipartita di Raffaello getta Margherita nella disperazione: la donna, conscia di non poter più vivere senza il suo amore, si chiude nel monastero di Sant’Apollonia per non uscirne mai più.

Ciò nonostante, nella storia resterà per sempre, quale silente testimone e memoria imperitura di quel forte legame, la tela che la ritrae e che possiamo ammirare a Palazzo Barberini, dove, a sua volta, essa ci guarda con i maliziosi occhi custodi di un amore segreto…

Cercava la bellezza nelle carni, nell’espressione, voleva avermi così, in quell’immagine per sempre, con quel ritratto mi veniva concesso in sorte un frammento d’immortalità … mi aveva fissata così perché ai suoi occhi non invecchiassi mai. Lui, osservandomi, si sarebbe ristorato quando voleva. Aveva fermato il tempo dell’Amore.”