Recensione di “Resto qui”

“RESTO QUI” di Marco Balzano

Recensione a cura di Antonella Raso

Resto qui è un romanzo scritto sotto forma di diario; la voce narrante è di Trina, una donna tanto sensibile quanto coraggiosa, madre e moglie determinata a non lasciare il proprio paese.

Siamo in Alto Adige, a Curon; la Seconda Guerra Mondiale è alle porte. Attraverso una scrittura molto semplice, Balzano rivela una parte sconosciuta delle lotte di un popolo intrappolato tra fascismo e nazismo.

Con una voce intima che restituisce vita alla Storia, l’Autore ritrae la forza di una comunità nell’attimo in cui, aggrappandosi alla rabbia, sceglie di resistere.

Una comunità che ha dovuto subire la prepotenza e l’abuso di potere da parte dello Stato e delle sue aziende; dove, in nome di un fantomatico progresso, intere famiglie sono state sfrattate e due paesi sono finiti sott’acqua, cancellando così i loro ricordi, la loro vita ed il loro vissuto.

“Ci avessero domandato quel giorno qual era il nostro desiderio più grande, avremmo risposto che era continuare a vivere a Curon, in quel paese senza possibilità da dove i giovani erano scappati e tanti soldati non erano più tornati. Senza voler sapere niente del futuro e senza nessun’altra certezza. Solo restare.”

La storia ruota attorno ai drammi di una famiglia: la giovane Trina; il marito Erich, che viene mandato nei Balcani per combattere una guerra in cui non crede; il figlio Michael, che si arruola nell’esercito di Hitler volontariamente e si converte alla sua ideologia; la piccola figlia Marica, che si trasferisce di nascosto con gli zii in Germania, non facendo più ritorno.

Trina non è del tutto persa, ha ancora la guida sicura di Ma’ che, con la sua saggezza, è un faro nella notte buia di Curon.

“Se Dio ci ha fatto gli occhi davanti ci sarà un motivo! È quella direzione che bisogna guardare, altrimenti li avremmo di lato come i pesci!”

I testimoni ancora in vita, ad oggi anziani, non vedono di buon occhio il turismo fotografico che quotidianamente invade le sponde del lago; orde di curiosi lungo il pontile pronti a scattarsi un selfie con il campanile alle spalle, senza conoscerne la storia, la sofferenza, per poi andarsene indifferenti.

Non amo particolarmente le storie narrate in periodo di guerra, ma devo dire che questo romanzo mi ha emozionata. Leggere questo testo di facile fruizione mi ha dato un punto di vista completamente diverso sulla visione di quel campanile senza campane in mezzo al lago che è capace di comunicare qualcosa di molto più profondo, se ci si ferma ad ascoltare.