Recensione a “In questi tempi di fervore e di gloria. Vita di Gaetano Azzariti, magistrato senza toga, capo del Tribunale della razza, presidente della Corte costituzionale”. Biografia a cura di Massimiliano Boni

“IN QUESTI TEMPI DI FERVORE E DI GLORIA. Vita di Gaetano Azzariti, magistrato senza toga, capo del Tribunale della razza, presidente della Corte Costituzionale” di Massimiliano Boni

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

E adesso?

È vero, non si dovrebbe mai iniziare un testo con una domanda, per di più senza un verbo a sorreggerla. Eppure lo sconforto resta: e adesso?

In questo momento invidio profondamente quelli “bravi”, quelli che, in quattro e quattr’otto, sarebbero in grado di confezionare una recensione persino migliore del libro appena letto, mentre io non so da che parte cominciare…

Vediamo un po’: che cosa abbiamo?

Una biografia, ma non una biografia qualsiasi, bensì la biografia di Gaetano Azzariti, persona ai più sconosciuta (me compreso), colui che, ben sì può dire, ha attraversato quattro Italie, integro, inattaccabile, sempre in posizione di preminenza, sempre ai vertici di apparato di uno Stato che, pur avendo mutato forma, struttura, uomini al comando, lo ha visto sempre lì, in posizione apicale.

Gaetano Azzariti, un uomo per tutte le stagioni, verrebbe da dire, e quali stagioni!

Dall’Italia giolittiana a quella fascista; dal governo Badoglio alla Repubblica costituzionale e democratica.

Eccola la domanda cuore di tutto: come si fa a passare da capo dell’Ufficio Legislativo del Duce, con annessa presidenza del Tribunale della razza, a ministro di Grazia e Giustizia nel Governo-Badoglio a collaboratore di Palmiro Togliatti, capo del Partito Comunista Italiano (che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere il primo antifascista…) quando questi rivestì la carica di ministro di Grazia e Giustizia, a Presidente della Corte Costituzionale nell’Italia Repubblicana?

La risposta che, piaccia o non piaccia, emerge dalle pagine (avvincenti per come sono scritte, tristi per quello che raccontano) di questo libro è una sola: Ragion di Stato, da intendersi nella millantata assenza (voluta o reale?) di alternative a capaci e preparati esponenti della classe dirigente precedente (e sul fatto che Gaetano Azzariti lo fosse, capace e preparato, nulla questio).

Resta l’attualità di quanto narrato, espressione concreta delle famose, profetiche, parole di Tomasi di Lampedusa: “Tutto deve cambiare perché tutto rimanga com’è”.

Resta l’attualità della pessima immagine che la magistratura offre di sé, ora come oggi: conservatrice, ancorata alle sue posizioni di privilegio, inscalfibile a ogni cambiamento.

E resta l’amara attualità di come il popolino, ben indirizzato (manipolato?) dagli organi di informazione, sempre pronto a riempirsi la bocca di parole come “fascista” e “antifascista” in realtà non sappia di cosa stia parlando.

In questi tempi di fervore e di gloria: amaro, sconvolgente, ben scritto e documentato. Già.

Da ultimo resta la constatazione che quelli “bravi” avrebbero scritto un recensione migliore di questa.

Mai come in questo caso: buona e istruttiva lettura!