“THÉRÈSE RAQUIN” di Émile Zola
Recensione a cura di Serena Donvito
“Thérèse, in quella penombra umida, in quel silenzio triste e soffocante, vedeva la vita passare davanti a lei, nuda, con tutte le sere lo stesso letto gelido e ogni mattina la stessa giornata vuota.”
Una neonata viene affidata alle cure della zia che la crescerà insieme al proprio figlio. I due bambini vivranno in simbiosi un’esistenza cupa, triste, che proseguirà anche quando, per andamento naturale delle cose, si sposeranno. Thérèse è rassegnata a una vita che la disgusta ma da cui non trova la forza di scappare. Un giorno, quando il marito porta a casa un caro amico, la ragazza inizia a provare un turbinio di emozioni che, condivise dall’uomo, li guideranno a macchiarsi di un terribile atto.
Questo libro è la perfetta rappresentazione, tra le altre cose, di passione, crudeltà, manipolazione e paura. I personaggi sono ben caratterizzati, così come il loro evolversi. Zola ha raccontato senza mezzi termini o finto perbenismo ciò che avviene quando si è ostaggio di una forte passione, tanto forte da diventare malata. L’ossessione trasforma, si perde la capacità di controllo, si osa oltre i limiti, si arriva a fare ciò che non si sarebbe mai neanche immaginato. Ma, dopo averci portato all’apice, l’Autore ci fa repentinamente scendere giù e ci racconta il dopo, quello da cui non si torna indietro, che ci fa sentire soffocare, ci destabilizza, ci fa perdere la ragione.
Ho trovato molto ben approfonditi gli aspetti psicologici; forse, in alcuni punti, Zola si è soffermato fin troppo, continuando a sottolineare un concetto ormai ben chiaro e risultando ripetitivo. Ma, tolto ciò, quello che rimane da questa lettura è la sensazione di inquietudine data dalla consapevolezza che il male può nascere anche da ciò che, apparentemente, ci fa stare bene.
“Aveva condotto una vita fatta di dolcezze e di tenerezze, e, proprio quand’era ormai scoccata la sua ultima ora, quando era sul punto di portare con sé nella tomba la fiducia nelle piccole bontà dell’esistenza, una voce era venuta a gridarle in faccia che tutto non era che menzogna e delitto. Il velo che ora si spezzava mostrava, al di là dell’amore e dell’amicizia che aveva creduto di vedere, un tremendo spettacolo di sangue e di vergogna.”