Recensione di “Il Petrolio di Alarico”

“IL PETROLIO DI ALARICO” di Rocco Donato Alberti.

Recensione a cura di Beniamino Malavasi.

Come una pietanza d’alta cucina elaborata da uno chef pluristellato, il romanzo in esame racchiude in sé ingredienti che, presi singolarmente, appaiono incompatibili tra loro ma, nelle mani giuste, danno vita a un unicum non identificabile con la semplice somma algebrica degli stessi.

Le mani giuste sono quelle di Rocco Donato Alberti e gli ingredienti?

Sociologia, geografia politica, storia, economia politica, scienza delle finanze, con spruzzate di ucronia, thriller, rosa e… commedia.

Un romanzo che è quasi un saggio, dunque.

Per una non così strana associazione di idee, “Il petrolio di Alarico” richiama “Il Gigante”, il lungometraggio cinematografico statunitense di metà anni ’50 del secolo scorso che vantava un cast composto, tra gli altri, da Rock Hudson, Elizabeth Taylor e James Dean (qui alla sua ultima apparizione sugli schermi causa… decesso). Ebbene, se “Il Gigante” della pellicola era lo Stato del Texas, nel romanzo in esame “Il Gigante” è il Sud Italia, in particolare la Regione della Basilicata/Lucania, per i più terra sconosciuta, ma ricca di tesori: petrolio, acqua e… il favoloso “Tesoro di Alarico”.

Lello Capitani, Leo De Bello, Roberto Calderone, financo il “Re”, sono tutte facce di una stessa medaglia: ideali, sogni, speranze, destinati a infrangersi, per non dire: essere traditi, di fronte al bieco interesse di chi agisce nell’ombra a scapito di tutto e di tutti.

E così l’ancora di salvezza diventa Chiara Capitani e, ancor di più, sua figlia Eva: la loro bontà d’animo, la loro purezza, operano il miracolo di convertire i “perduti”: suo fratello Matteo, Calderone, De Bello…

Ma il vero vincitore è “Il Gigante”, il Sud, la Basilicata: Lello Capitani e…Alarico (o, meglio, il suo leggendario tesoro) spezzano le catene, ormai secolari, e ridanno a Cesare quel che è di Cesare.

Alberti dimostra di conoscere appieno la realtà in cui ha vissuto e sfrutta di volta in volta i suoi personaggi per esprimere i suoi pensieri, i suoi giudizi sull’Italia di oggi (a partire da quella di Ieri del 1861) senza tacere critiche motivate a una classe (?) dirigente dedita più al proprio tornaconto che a quello della sua terra; terra che nulla ha da invidiare al “ricco e prospero Nord”.

E così le pagine di “Il petrolio di Alarico” vanno centellinate come fossero un vino d’annata da degustare a piccoli sorsi. Piccoli sorsi indispensabili al lettore per cogliere tutte le sfumature di una trama, se vogliamo, complessa ma “a fin di bene”, studiata e messa nero su bianco per portare all’attenzione di chi legge una parte d’Italia dimenticata e sfruttata senza ritegno.

Buona lettura!