Incontro con Giuseppe Ayala – Rassegna “Ne vale la pena” – Museo Diocesano di Carpi – 22/10/2022

Nell’ambito della Rassegna “Ne vale la pena”, curata dal giornalista Pierluigi Senatore, si è svolto ieri pomeriggio (22 ottobre 2022), presso il Museo Diocesano di Carpi “Cardinale Rodolfo Pio di Savoia”, nel trentennale delle stragi di mafia nelle quali persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre ai loro agenti di scorta, l’incontro con l’ex magistrato ed ex parlamentare Giuseppe Ayala.

Introdotto dal saluto del Sindaco di Carpi Alberto Bellelli (in piedi nelle foto), sintetizzato dall’affermazione:

“questa non è una celebrazione ma il rinnovo di un Patto”

e dal ringraziamento del Direttore del Museo Dott. Andrea Beltrami (in piedi nelle foto), che ha illustrato agli intervenuti all’incontro (tra le autorità cittadine, oltre al sindaco, era presente anche l’Assessore alla Cultura Davide Dalle Ave) la finalità di luogo di cultura a tutto tondo rivestita dal Museo Diocesano

il giudice Giuseppe Ayala (a sinistra nelle foto) intervistato da Pierluigi Senatore (a destra nelle foto)

ha aperto lo scrigno dei ricordi circa il suo rapporto con Giovanni Falcone in primis, nonchè con gli altri colleghi del pool antimafia e ha ripercorso i tratti salienti della sua vita, tanto da magistrato quanto da politico, con aneddoti che hanno strappato al pubblico più di un applauso.

Alla domanda se si senta più commosso o più “alterato” e, più in generale, quali siano i suoi sentimenti [dopo trent’anni dalle stragi mafiose], Ayala ha risposto che, sì, il tempo fa da filtro, c’è una elaborazione degli eventi; per poi esternare:

“Porto dentro una grande rabbia! Sono inc…to!”

e quanto a Falcone e Borsellino, con i quali ha condiviso dieci anni di vita e di lavoro:

“Si inc…..rebbero a sentirsi chiamare eroi”

Ha poi ironizzato sul fatto che lui, Ayala, non poteva, né può, prescindere dalla pennichella post-pranzo mentre a Giovanni Falcone rimproverava:

“Sei come Andreotti! [il quale, secondo la vulgata popolare, dormiva solo 4-5 ore a notte]”

Sempre a Falcone una volta chiese come mai fossero così amici e quegli gli rispose: “Gli opposti si attraggono!”

Invero, se Ayala si è descritto come un tipo allegro, ironico, un cazzaro (parola di Pierluigi Senatore), di Falcone ha lodato il suo essere misurato, il suo self-control.

Ayala ha, poi, fatto un breve cenno alla sua carriera – su consiglio di Rocco Chinnici [altro magistrato ucciso dalla mafia] ha iniziato quale pretore [all’epoca, ricordò, i pretori si occupavano di tutto: diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo; un’ottima palestra, dunque] per poi essere assegnato alla Procura di Palermo nel settembre del 1981.

Ha, altresì, ricordato come, sempre in quegli anni, i processi ai mafiosi non potevano tenersi a Palermo per, diciamo così, timori ambientali (c.d. legitima suspicione): era la Cassazione a fissare la sede processuale.

Parlando di mafia in generale, Ayala ha detto come essa aiutò Garibaldi quando sbarcò a Marsala, agendo in nome e per conto dei latifondisti in lotta contro le riforme volute dai Borboni. Ancora ha ricordato come si fosse dovuto attendere il 29 settembre 1982 perchè entrasse in vigore la prima legge che contemplasse la mafia nel codice penale (art. 416-bis): Legge “Rognoni-La Torre”. E che dire dell’accordo DC-Mafia per evitare che il PCI vincesse le elezioni in Sicilia?

Su quest’ultimo punto, il Giudice ha raccontato come, mentre, appunto, nel ’48 gli “schieramenti” al tavolo delle trattative fossero ben definiti (da una parte i politici, dall’altra i mafiosi), negl anni ’70 detti schieramenti fossero…. mischiati…

Ayala ha doverosamente citato i caduti per mano mafiosa: da Boris Giuliano a Gaetano Costa; dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa a Piersanti Mattarella (fratello dell’attuale Presidente della Repubblica Sergio), ucciso perchè si era opposto al sistema del “tavolino” (riunione tra politico di turno; mafioso di turno; imprenditore di turno) per la ripartizione degli appalti pubblici in Sicilia.

E Giovanni Falcone?

Ayala ha ricordato le “innovazioni” procedimentali da lui introdotte: dalla riunione dei fascicoli di inchiesta contro i mafiosi (essendo legati da un fil rouge dovevano essere studiati insieme) alla creazione (necessaria, vista la mole di lavoro da fare) del pool antimafia al monitoraggio (in veste di Direttore degli Affari Penali al Ministero della Giustizia) delle sentenze della Prima Sezione della Corte di Cassazione, all’epoca presieduta da Corrado Carnevale (detto: giudice ammazzasentenze…), che portò all’introduzione della turnazione del ruolo di Presidente di Sezione. E ciò diede i suoi frutti quando le sentenze di condanna del cosidetto Maxiprocesso contro la mafia giunsero in Cassazione…

Già, il Maxiprocesso, definito da Ayala (e non solo) il punto di non ritorno. Nel Maxiprocesso c’è tutto, persino il nome della mafia…!

E qui Ayala ha fatto presente come, allora, Falcone, Borsellino e i colleghi del pool fossero giudici istruttori: il loro compito finiva con l’emissione della ordinanza di rinvio a giudizio; in altre parole, non partecipavano al processo vero e proprio. Ergo, avevano bisogno di coinvolgere i pubblici ministeri. Ayala, nel confessare di essersi mostrato stupito che Falcone avesse scommesso su di lui, ancora alle prime armi in Procura, ha raccontato l’aneddoto dell’ordine alfabetico (cioè la scelta sarebbe ricaduta su di lui in quanto primo in ordine alfabetico…!!!!). Ovviamente la scelta si rivelò più che azzeccata!

Altro aneddoto legato al Maxiprocesso raccontato da Ayala è quello…. delle arance!!! I giudici di Corte d’Assise, timorosi di essere investiti dal lancio di arance e altro da parte degli imputati decisero che il primo a comparire in aula doveva essere il pubblico ministero, cioè… Ayala!

Il Giudice ha poi parlato del suo crollo fisico avvenuto al termine della sua requisitoria, durata ben otto giorni: tensione, stress, lo costrinsero a essere accompagnato a casa di peso, sottobraccio, da parte della scorta…

E si giunge alla stagione dei veleni, delle invidie, della fine del pool antimafia, accelerata dalla nomina di Antonino Meli a capo della procura di Palermo.

Ayala ha, poi, raccontato da dove nasce la celebre foto che ritrae Falcone e Borsellino, sorridenti, uno di fianco all’altro. Essa fu scattata in occasione di un incontro promozionale inerente la campagna elettorale che vedeva lo stesso Ayala candidato per l’allora P.R.I. E qui altro aneddoto che vede coinvolto proprio Paolo Borsellino, apertamente di “destra” (allora rappresentata dal M.S.I.), il quale, il giorno dopo le elezioni, confessò all’amico di sentirsi male per aver votato… P.R.I. e, quindi, lui!!!!

E Falcone? Come amaramente ha affermato Ayala, in vita è stato osteggiato dai colleghi, gli stessi che, dopo morto, si proclamano suoi amici. E bisogna andare negli USA perchè si riconosca l’opera di Giovanni Falcone, celebrato e omaggiato all’unanimità dal Congresso Statunitense.

Come ha detto il Sindaco di Carpi Alberto Bellelli, siamo qui per rinnovare un Patto.