Recensione a “Il banchiere di Dio. Roberto Calvi.”

“IL BANCHIERE DI DIO. ROBERTO CALVI” di Rupert Cornwell

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

Cosa fareste se vi regalassero 1.287 milioni di dollari? Bollato il tutto come scherzo, passato lo stupore, fatto due calcoli, forse meno di quello che, di primo acchito, si potrebbe pensare.

Nel saggio di Cornwell, a ulteriore dimostrazione di come, spesso, la realtà superi la fantasia, 1.287 milioni dollari è la somma fagocitata (e, quindi, “scomparsa”) dal gruppo bancario-finanziario facente capo al Banco Ambrosiano e al suo dominus Roberto Calvi.

Introverso, taciturno, riservato, paranoico, sempre a disagio nel mondo vip suo malgrado costretto a frequentare dato il ruolo di banchiere di spicco nel panorama italiano (e non solo), Roberto Calvi appariva l’esatto opposto di quello che l’immaginario collettivo dipinge come l’inarrivabile potente.

E, in effetti, se silenzio e riservatezza “devono” costituire l’abito mentale imprescindibile di ogni partecipante a quel gioco spietato e senza regole dell’alta finanza, paranoia, timori di complotti ai propri danni, hanno finito con l’uccidere quello che si credeva il n.1.

“Il banchiere di Dio. Roberto Calvi” è un viaggio.

Un viaggio nei meandri oscuri, sporchi, inconfessabili (bassi fondi?) del nostro Paese. Politica, massoneria, paradisi fiscali, grandi quotidiani, giocano un ruolo di primo piano nell’ascesa e nella caduta di Calvi…

Nel libro in esame (finito di stampare nel dicembre 1983) l’Autore riporta un’osservazione acuta: “In Italia solo tre cose funzionano bene: il Partito Comunista, il Vaticano e la Banca d’Italia…”

A distanza di decenni, si dovrebbe pensare le cose siano cambiate, invece… Invece, se è vero che, almeno ufficialmente, il Partito Comunista non esiste più (essendosi scisso in più unità politiche che, di fatto, ne mantengono l’originale matrice), e Bankitalia è maggiormente soggetta alle direttive (e controllo) della Banca Centrale Europea, il Vaticano è sempre il Vaticano…

Proprio lo stato teocratico (?), tramite la sua banca – I.O.R. (Istituto Opere Religiose, fondato da papa Pio XII nel 1942), guidata (con l’avallo dei papi dell’epoca) in modo spregiudicato e sprezzante delle regole da mons. Paul Casimir Marcinkus, da fido alleato, si è rivelato essere quel muro di gomma contro il quale si è infranto il Calvi-banchiere; con annessi e connessi.

“Il banchiere di Dio. Roberto Calvi” merita di essere letto (anche solo come input per ulteriori approfondimenti) per capire fino a che punto l’ambizione, l’avidità, possano condurre alla distruzione, non solo propria, ma, anche, se non soprattutto, di uno Stato, di una cultura; il tutto indipendentemente da colori politici o religiosi.

“Il Vaticano non si amministra con una Ave Maria”. Ecco, la celebre frase attribuita a mons. Marcinkus ben può considerarsi il paradigma attorno al quale ha ruotato la tragedia chiamata Banco Ambrosiano. Paradigma che già i latini (nella persona dell’Imperatore Romano Vespasiano) avevano condensato in “Pecunia non olet”. Chissà se Roberto Calvi, descritto come “poco colto”, fosse a conoscenza di tale detto e delle implicazioni in esso contenute. La sua morte, specie per come è avvenuta, spingono verso la negativa.