“Una donna” romanzo di Sibilla Aleramo
Recensione a cura di Alessandra Ottaviano
Questo romanzo è stato un forte pugno nello stomaco.
A ragion veduta è considerato un classico della letteratura italiana e primo romanzo femminista; a distanza di più di un secolo ha ancora tanto da dire. Ancor più doloroso da leggere se, in qualche modo, si sono vissuti i pensieri della protagonista: ogni donna, in giovane età, si è lasciata soggiogare dalla lusinga dell’amore perenne, scoprendo poi, amaramente, che non c’è rosa senza spine, e gli amori eterni sono veramente cosa rara: la maggior parte delle donne si ritrova in gabbie di disamore. Solo che oggi, al contrario dell’epoca in cui è vissuta Sibilla Aleramo, si può tornare indietro, si può divorziare ( sempre che non ti uccidano prima, ma questa è un’altra storia.)
Una donna è un è romanzo autobiografico che l’Autrice dedica al figlio affinchè, un giorno, possa capire le sue scelte.
La protagonista vive l’infanzia nell’adorazione del padre fino a scoprire che non era proprio “l’esemplare raggiante” che pensava, ma un uomo collerico, traditore; in poche parole, la causa di tutti i mali della madre che culminano nel suo ricovero in un ospedale psichiatrico dopo aver tentato il suicidio.
La ragazza lavora nella fabbrica gestita dal padre; qui conosce un collega che la concupisce e la fa sua senza molta grazia a soli quindici anni.
Inchiodata così alle catene del dovere, vive un’arida vita coniugale fatta di soprusi, violenze e annientamento psicologico ma, proprio sotto i colpi del dolore e della sofferenza, scopre progressivamente la sua dignità di donna e si interroga sul senso del sacrificio nel matrimonio come nella maternità.
Un romanzo doloroso per i temi trattati, una lettura non facile anche per lo “stile barocco” utilizzato, un poco impegnativo, ma forte e chiaro è il messaggio che l’Autrice vuole mandare ovvero di non essere sottomesse a nessuno, ma cercare di vivere una vita piena in autonomia e libertà e prendere le distanze da ciò che ci rende infelici. Un messaggio attualissimo ancora oggi per noi donne del XXI secolo.
Amare e sacrificarsi e soccombere! Questo il destino suo e forse di tutte le donne?
Perché nella maternità adoriamo il sacrificio?
Donde è scesa a noi questa inumana idea dell’immolazione materna?
Di madre in figlia, da secoli si tramanda il servaggio. È una mostruosa catena.