“RAGAZZO NEGRO” autobiografia di Richard Wright
(Titolo originale: Black Boy)
Edizione cartacea – Giulio Einaudi Editore – 1969
Edizione a cura di Adriano Bacchielli
Prefazione di Ludovico Poli
Collana “Letture per la scuola media”
Traduzione di Bruno Fonzi
Recensione a cura di Beniamino Malavasi
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Dick, ti tratto come un fratello, – disse. – Tu in presenza dei bianchi ti comporti come se non sapessi che sono bianchi. E loro lo vedono.
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Oh, Cristo, ma io non posso far lo schiavo, – dissi disperatamente.
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Ma devi guadagnarti il pane, – disse lui.
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Già, devo guadagnarmi il pane.
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E allora comincia a comportarti in conseguenza, – disse lui martellandosi col pugno il palmo aperto.
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Quando sei in presenza di gente bianca, pensa prima di agire, pensa prima di parlare. Il tuo modo di fare va bene tra la nostra gente ma non per la gente bianca. Loro non lo sopportano.
In questo breve scambio di battute tra l’Autore e il suo amico Griggs si condensa l’essere negro nel profondo degli Stati Uniti d’America negli anni ’20 del secolo scorso.
E l’Autore, al secolo Richard Wright, nato a Natchez – Stato del Mississippi – il 4 settembre 1908, e morto a Parigi il 28 novembre del 1960, con Ragazzo negro, apparso negli Stati Uniti nel 1945 e in Italia nel 1947, fa vivere al lettore la sua condizione di giovane disadattato.
Sì, la definizione è forte ma è quanto mai esplicativa del suo vissuto: un padre che, ben presto, abbandona la famiglia al suo destino; una madre che si ammala gravemente non potendo più sostenere i figli [Richard e il fratello]; il peregrinare del giovane Wright a casa di nonna e di zii: bigotti, chiusi, intolleranti.
All’età di dodici anni io avevo un atteggiamento nei riguardi della vita he sarebbe durato per sempre, un atteggiamento che doveva farmi ricercare quelle zone di vita che l’avrebbero resa veramente viva, che doveva rendermi scettico in tutto e nel tempo stesso di tutto curioso, tollerante in tutto, e critico nel tempo stesso.
Sì, avete letto bene: all’età di dodici anni, scrive Wright.
Un bambino, che diventa adolescente, nato in un mondo, in un sistema di regole, più grandi di lui, dove, passo dopo passo scopre, è proprio il caso di dirlo, il bianco e il nero della Vita.
Un bambino, presto adolescente, costretto suo malgrado a darsi delle risposte.
Avevo cominciato troppo tardi ad aver a che fare con i bianchi. Non potevo far sì che la sottomissione divenisse un fatto automatico nel mio comportamento. Dovevo sentire e meditare ogni minima particella della mia esperienza razziale alla luce dell’intero problema della razza, e ad ogni particella io portavo l’intera mia vita.
E Dio? La Fede?
La mia fede, quale che essa fosse, era strettamente connessa con la realtà della vita, ancorata alle sensazioni del mio corpo ed a ciò che la mia mente poteva afferrare; nulla avrebbe mai potuto scuotere questa fede, e non certo il timore d’una potenza invisibile.
Poi c’è il sogno, il mito: il Nord, Chicago.
Ragazzo negro si chiude con Richard Wright [nella realtà, poco meno che ventenne] a bordo del treno che lo porterà nella metropoli dell’Illinois. Fuga o viaggio della speranza?
Non lasciavo il Sud per dimenticare il Sud, ma per potere un giorno o l’altro comprenderlo, per potere arrivare ad apprendere che cosa i suoi rigori avevano fatto a me, ai suoi figli. Fuggivo, in modo che il torpore della mia vita difensiva potesse svanire e lasciarmi sentire – anni più tardi e lontano di lì – il dolore che aveva significato vivere nel Sud.
Nel 1937 Wright si sarebbe trasferito a New York e nel 1946 a Parigi dove morì, come accennato, nel 1960. Per amore di cronaca, nel 1959 l’Ufficio immigrazione britannico gli impedì, probabilmente per il suo essere attivista comunista, di trasferirsi a Londra.
Dialoghi, riflessioni: Black Boy – Ragazzo negro è un continuo confronto fra il giovanissimo Wright e ciò che lo circonda; ma c’è di più. Sull’enciclopedia on-line Wikipedia, alla voce dedicata allo Scrittore [https://it.wikipedia.org/wiki/Richard_Wright_(scrittore)] si può leggere che:
Nel libro autobiografico Black Boy (1945) Wright descrisse la sua giovinezza fino al trasferimento a Chicago, i contrasti con i suoi familiari avventisti, i problemi con i datori di lavoro bianchi, e il suo isolamento. American Hunger, uscito postumo nel 1977, doveva essere il secondo volume di Black Boy. L’edizione della Library of America ripristinò il progetto originario. Questo libro narra nei particolari la partecipazione di Wright al Club John Reed e al Partito comunista, che lasciò nel 1942. Il libro fa capire che l’uscita avvenne prima, ma le dimissioni vennero rese note solo nel 1944. Nella forma definitiva in due volumi, la struttura a dittico paragona il dogmatismo e l’intolleranza del comunismo, il giudizio sui libri “borghesi” e le condanne inflitte ad alcuni iscritti, con atteggiamenti simili nella religione organizzata fondamentalista. Wright condannò le purghe nell’Unione Sovietica. Tuttavia, egli continuò a credere in soluzioni democratiche di estrema sinistra per i problemi politici.
Black Boy – Ragazzo negro va letto non tanto per leggere. È importante farsi domande, capire, chiedersi: e io come sono?