“IL PASSATO È UN MORTO SENZA CADAVERE” romanzo di Antonio Manzini.
Recensione a cura di Beniamino Malavasi
Il passato è un morto senza cadavere: titolo che, a ben pensare, anticipa i temi, rectius, le indagini che coinvolgono il vice-questore Rocco Schiavone e la sua squadra.
Ma la connessione passato – presente – futuro è pure il tarlo che scava dentro Rocco Schiavone persona: il suo dialogo con la moglie defunta è profondo e sembra non solo cosa loro, bensì appare interrogare il lettore sul suo essere, sulla visione della propria vita.
Il passato è un morto senza cadavere si snoda in 564 pagine che scorrono senza intoppi; pagine suddivise in capitoli – giorni della settimana dove Manzini struttura, accanto all’indagine classica – la morte di un ciclista apparentemente causata da un “normale” incidente stradale – quella che tocca da vicino Schiavone, ma, anche, il Questore Costa e il magistrato Baldi, ovvero la scomparsa di Sandra Buccellato.
Non solo. Manzini abbassa i toni polizieschi con un D’Intino poeta in love… E proprio la parlata abruzzese dell’agente alquanto imbranato, unita a quella romanesca di Schiavone e dei comprimari Brizio e Furio alleggerisce le note di vicende drammatiche, una su tutte il richiamo alla stagione terroristica vissuta dall’Italia…
Possiamo, quindi, dire che, con questo capitolo delle vicende di Schiavone & C., Antonio Manzini abbia fatto ancora una volta centro. Poi, il richiamo a quanto accaduto nel precedente Elp, e il finale aperto, rafforzano la continuità dell’opera manziniana: un cammino iniziato con un trasferimento punitivo e che, libro dopo libro, pagina dopo pagina, aiuta il lettore ad andare oltre quella patina, più o meno spessa, di ipocrisia che sovrasta il nostro quotidiano. E non è poco.
Buona lettura.