Risvegli. Di Cinzia Corsaro

Risvegli

Di Cinzia Corsaro.

Ti muovi lento tra le ore di un giorno come tanti altri, avvolto nel conforto di una noiosa routine, sotto un cielo sempre uguale di freddo neon, rivolgendo sorrisi laccati di falsi convenevoli e mielose bugie caramellate dal piccante retrogusto di lapidario giudizio.

Sei felice nel tuo mondo di cartongesso, sforzandoti di essere sempre all’altezza della sua asettica bellezza al silicio dal dolce profumo sintetico di fragola e panna; ti piace inguainare il tuo corpo in costosi abiti di plastica, ti nutri solo di raffinati cibi sintetici,  nel rispetto di una natura che conosci solo attraverso la voce del comune senso del  perbenismo sociale, copri l’odore della tua pelle troppo umana con costosi profumi dalle stravaganti bottigliette e dai misteriosi contenuti di cui, come di tutto il resto in vero, non hai mai chiesto spiegazioni.

La tua vita è perfettamente preconfezionata e felice come uno spot di cereali al cioccolato, finché una mattina, alzando gli occhi sullo specchio del bagno, ti accorgi che stai svanendo.

Provi a pulire il vetro con la manica del pigiama, pensando che sia effetto del vapore della doccia, ma niente: la tua immagine è sempre più evanescente, stai scomparendo.

Corri ad indossare la tua divisa modaiola, prendi il tuo smartphone e cominci a scattarti selfie nelle pose più alla moda che immediatamente posti sui social del momento accompagnati da frasi celebri o celebri idiozie per dare il buongiorno al mondo in scatola, attendendo con ansia il numero di like che attestino che sì, esisti!

Eppure quella mattina qualcosa è cambiato, lo specchio non mente, tu questo lo sai, tu sai che stai scomparendo.

Una paura ancestrale comincia a solleticarti in fondo alla schiena, risalendo inesorabile, sempre più velocemente fino alla base del collo, togliendoti il respiro.

Sei costretto a fermarti, cerchi una toilette, ti lavi la faccia, sembri stare meglio finché non alzi il viso verso lo specchio, vedendo il tuo riflesso sempre più evanescente: panico! Scappi fuori, ti guardi intorno, cominci a correre tra l’indifferenza di una moltitudine apatica e cieca, cercando uno spiraglio di cielo vero, accorgendoti amaramente che tutto intorno a te è un capolavoro di raffinata finzione.

Corri più veloce, cominciando a spogliarti, in preda ad un fuoco che brucia la tua carne, in cerca di acqua, acqua vera, finché non arrivi al mare, arrestando terrorizzato la tua corsa: quanto è grande il mare? Non te ne eri mai accorto prima. Anche quello avevano imbrigliato in preziosi, più o meno esclusivi, parchi gioco per adulti annoiati.

Ti avvicini un po’ incerto, curvo, procedi a scatti, afferri un ramo lasciato dalla marea sulla spiaggia per proteggerti, non sai bene da cosa, avvicinandoti tremante fino alla riva. Un sussulto ti coglie quando un’onda improvvisa ti bagna ricordandoti che sei vivo!

Getti il bastone, ti lecchi le mani e ridi come un folle: è salata, vergognosamente salata!

Un’altra onda più forte e fredda della prima ti getta a terra e ti trascina dentro: la lasci fare, ti lasci accogliere da quel ventre umido: non hai più paura.

 Scendi giù, sempre più in fondo, ti rannicchi in posizione fetale e aspetti, ascoltando il suono delle catene di un’Io cesellato dalla maestria seduttiva del Nulla, di cui solo adesso senti il peso, mentre la materna profondità della coscienza le spezza, una dopo l’altra, attraverso le radici del tuo inconscio, bruciando nell’acqua le tue spoglie di illusoria eternità, in attesa che il fuoco delle acque ti partorisca per ciò che sei: il figlio dell’eterno divenire.

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