Recensione di “Una storia di amore e di tenebra”

“UNA STORIA DI AMORE E DI TENEBRA” di Amos Oz

Recensione a cura di Serena Donvito

Un percorso che parte dall’infanzia di Amos Oz fino all’età adulta, ma non solo: ci racconta la vita dei suoi nonni e dei suoi genitori prima di lui.

Ci descrive l’ambiente in cui è vissuto:

“L’odore dell’immensa biblioteca dello zio mi accompagnerà per tutta la vita: l’aroma impolverato e accattivante delle sette discipline segrete, il profumo della taciturna vita intellettuale, una esistenza monastica e riservata, un silenzio spettrale che alitava da abissi di pensiero e dottrina, mormorio di sillabe morte, litania di pensieri segreti di autori defunti, gelida carezza di antiche autorità.”

Il terribile periodo storico che lo ha segnato:

“La paura che abitava in ogni casa ebraica, una paura di cui non si parlava quasi mai, ce la iniettavano solo di striscio, come un veleno, una goccia ogni ora, era la paura terrificante che forse eravamo davvero delle persone non abbastanza monde, forse eravamo davvero troppo fastidiosi e invadenti, troppo intelligenti e avidi di denaro. Forse davvero la nostra buona educazione era inadeguata. Era una paura mortale, la paura di dare per disgrazia ai gentili una cattiva impressione, che in tal caso loro si sarebbero arrabbiati e ci avrebbero di nuovo fatto quelle cose tremende cui era meglio non pensare.”

La fortuna di essere cresciuto in mezzo a letterati che, consapevolmente o meno, hanno sicuramente avuto un ruolo nello sviluppo della sua passione per la lettura e la scrittura.

Sono proprio i riferimenti letterari e storici a donare a questo libro quel qualcosa in più. È un testo ricco, valente, di forte impatto emotivo.

La prima cosa che ho pensato dopo aver letto le ultime due, struggenti, pagine è che quest’uomo, probabilmente, aveva un animo pieno di colori, sfumature, e di parole di cui non si conosce l’esistenza. La sua capacità di descrivere il dolore più lacerante, fatto di interminabili silenzi, così come di immagini forti, quasi violente. La sua caparbietà e determinazione, il suo mondo carico di fantasia, inventiva, stimoli e poesia.

Il suo stile e la sua narrazione mi hanno ricordato un lavoro a maglia, quello che vedevo fare spesso da mia nonna e da mia mamma. Punti concatenati tra loro in modo veloce, a volte lento, diversi, misti, che andavano a formare un indumento caldo, intimo, attento, intriso di fatica, fantasia, esperienza e amore.

“Tutto il mondo, basta guardarlo un poco da distante, non durerà mica più molto. Dicono che il sole si stia spegnendo e tutto tornerà alla tenebra. Allora perché mai la gente si scanna lungo tutta la storia? Cosa vuoi che conti, quale governo ci sarà nel Kashmir, o nella grotta di Macpela a Hebron? Invece di mangiare dall’albero della vita e della conoscenza, evidentemente abbiamo preso dal serpente velenoso il frutto dell’albero della cattiveria e lo abbiamo mangiato con appetito. Così è finito il giardino dell’Eden ed è cominciato quest’inferno.”