Recensione di “Una donna normale”

“UNA DONNA NORMALE” di Roberto Costantini.

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

Terminata la lettura del romanzo in commento, la prima parola che mi è venuta in mente (anche alla luce degli argomenti ivi trattati) è: expendable.

Expendable, aggettivo inglese che significa: sacrificabile, spendibile, usabile.

Certo, il richiamo alla serie di lungometraggi cinematografici che vede (tra gli altri) Sylvester Stallone quale protagonista non è totalmente casuale: anche in “Una donna normale” abbiamo l’expendable, colui che, dimostratosi sul campo in grado di battere in astuzia i funzionari dei servizi segreti nostrani (tra cui la protagonista, sulla quale torneremo a breve), perseguendo e ottenendo il suo scopo a spese altrui, diventa, in nome della “ragion di Stato”, appunto, sacrificabile, spendibile.

È, invero, l’epilogo (anzi, l’epilogo e il finale) uno dei punti di forza del romanzo: qui, infatti, l’Autore porta a compimento una trama ben congegnata, che affronta temi quanto mai attuali: gli attentati di matrice islamica e gli sbarchi di immigrati clandestini dal Nord Africa.

D’altra parte, il finale, aperto (come anche intuibile da una affermazione dell’Autore nei “Ringraziamenti”, pagina sistematicamente saltata dal lettore medio), si pone come preludio a nuove missioni per Ice e colleghi.

La struttura narrativa è improntata a un continuo intersecarsi tra la voce narrante dell’Autore (terza persona al passato) e quella della protagonista (prima persona al presente); un mix che ben sostiene il ritmo espositivo e invita il lettore a girar pagina.

E veniamo alle note, anzi, alla nota dolente del romanzo: la protagonista, Aba Abate/Ice.

Donnetta supponente, indisponente, succube (plagiata?) di un padre privo di concessioni (e grazie al quale, di fatto, ha ottenuto il posto che occupa), impregnata di disprezzo (invidia?) verso colleghi (solo perché uomini?) e collaboratori; incapace, nonostante i modelli di sorrisi (“Margaret Thatcher”; “Monna Lisa”; “Sharon Stone”) che si vanta di usare come arma e si atteggi come deus ex machina di ogni situazione, di gestire la sua famiglia, e finendo con il farsi usare (insieme a colleghi e superiori) da chi risulterà essere ben più scaltro (e affamato) di lei.

Personaggio pieno di contraddizioni (basti pensare all’uso/non uso del suo “potere” a fini personali) i cui pensieri, riportati in corsivo dall’Autore, acuiscono il guasto che un simile soggetto procura a un prodotto altrimenti piacevole (a danno, ovviamente, del lettore).

Peccato.