Recensione di “Trilogia della città di K”

TRILOGIA DELLA CITTÀ DI K

Autore: Agota Kristof
Edizione: Einaudi
380 pagine

Recensione a cura di Antonella Raso

Leggere questo romanzo è stato per me un viaggio che ha sfidato la logica: mi sono ritrovata a tratti confusa, ho rischiato di essere risucchiata in una storia caotica e senza senso.

Posso definirlo un romanzo di formazione e guerra, diviso in tre parti, scritte in anni diversi:

1986, 1988, 1991, tradotto in trenta paesi. Possiamo dedurre che sia ambientato in un paese dell’est e che le due forze armate siano i tedeschi e i russi. In tutto il libro non vengono menzionati nomi di paesi.

La prima parte (“Il grande quaderno”), a mio avviso, racchiude gli orrori e i dolori della guerra, della fame e dei soprusi che l’Autrice ha vissuto in prima persona nella sua infanzia e li ha riproposti sostituendo la sua persona e quella di suo fratello coi gemelli Claus e Lucas (notate l’anagramma dei nomi).

“Le persone ci danno dei ceffoni e dei calci, non sappiamo nemmeno il perché. I colpi ci fanno male, ci fanno piangere……nel giro di poco tempo non sentiamo più nulla, è qualcun altro che ha male, che soffre.”

La seconda parte (“La prova”) descrive il dolore di Lucas per la separazione dal fratello, il cui ricordo diventa via via più sbiadito e fievole con l’arrivo di nuovi personaggi che, a loro volta, porteranno gioia e dolori al povero Lucas.

“Ognuno di noi nella vita commette un errore mortale, e quando ce ne rendiamo conto, è già successo l’irreparabile.”

Nella terza parte (“La terza menzogna”) fa ritorno il gemello Claus, che aveva attraversato la frontiera alla fine della prima parte del romanzo. Col suo arrivo tutto si stravolge, la storia diventa completamente diversa.

Non mi dilungo nel descrivere la terza parte; vorrei incuriosirvi e consigliarvi la lettura di questo romanzo che potrebbe benissimo essere letto al contrario, partendo dal fondo, rimanendo totalmente invariato il suo senso.

Ma quale parte è reale?

Sono veramente due i fratelli oppure uno è solamente il frutto di una mente devastata dall’orrore e dal dolore della guerra?

“Torno al cimitero tutti i giorni. Guardo la croce dove è scritto il nome di Claus e penso che dovrei farla sostituire con un’altra che porti il nome di Lucas.”

Un libro duro, diretto; una scrittura decisa, secca, che non risparmia il lettore.

Voto 100