Recensione di “Sulla scrittura, sull’amore, sulla colpa e altri piaceri”

 

“SULLA SCRITTURA, SULL’AMORE, SULLA COLPA E ALTRI PIACERI” di Amos Oz con Shira Hadad

Recensione a cura di Serena Donvito

“La sai una cosa, Shira, ogni libro ne contiene almeno tre: quello che stai leggendo, quello che io ho scritto e che non può non essere diverso da quello che tu leggi, ma ce n’è anche un terzo: il libro che avrei scritto se avessi avuto abbastanza forza. Abbastanza ali. Questo libro, cioè il terzo, è il migliore di tutti. Ma in tutto il mondo nessun altro, oltre a me, conosce quel terzo libro e nessuno, oltre a me, ne piange la perdita.”

Tempo fa parlavo con un amico dell’effetto che mi fa leggere i libri di questo scrittore, e lui mi ha detto che Oz è capitato nella mia vita nel momento opportuno, quasi necessario… sono d’accordo. Spesso, le parole che ho trovato nei suoi libri, mi hanno aiutata a ritrovare il mio equilibrio, e ad accettare ciò che non posso cambiare.

“…lettore o lettrice, vieni invitato a passare al vaglio i confini di te stesso. Compresi quei territori sperduti o remoti delle tue province dove vai solo molto di rado, e fors’anche mai.”

Ho letto avidamente questo libro. Volevo scoprire perché la scrittura di Oz è per me come un abbraccio caldo, consolatorio, anche quando tratta temi difficili. Volevo sapere cosa guida la sua penna, e per quale ragione riesce a provocarmi impatti così intensi.

In queste 170 pagine c’è l’Oz uomo, padre, politico, scrittore, insegnante, amico.

Non è un romanzo ma un “domanda e risposta” che ha condotto con Shira Hadad, la sua editor.

La vita nel kibbutz, i suoi rimpianti e rimorsi, la connessione con la scrittura, le critiche, i critici. Il suo rapporto con gli altri scrittori. La sua vita da studente prima e insegnante poi. Le sue idee politiche, il suo legame con l’amore, il sesso, e la morte.

Ho trovato questo scritto illuminante e per chi, come me, ha imparato ad amare questo Autore, è una lettura imprescindibile.

“Se non che, dentro il racconto tutt’a un tratto ti riconosci e dici, Sì, ce l’ho anch’io una regione così sperduta, dove non vado da anni, eppure è mia, è parte di me. O al contrario, ti dici, No. Questa cosa è fuori dai miei confini. Non ci metterò mai piede. Tanto una cosa quanto l’altra fanno parte delle gioie della lettura. Ma ve n’è anche una terza, e cioè quando leggendo i tuoi confini cominciano ad allargarsi. Come se le pareti si aprissero e ti svelassero un paesaggio che non hai mai visto. O un paesaggio che avevi paura di vedere.”