Recensione di “Pianagi pure”

“PIANGI PURE” di Lidia Ravera

Recensione a cura di Serena Donvito

“La certezza di avere un’anima è una buona cosa.

Ti consente di sbagliare senza spaventarti. Ho scritto durante tutti i miei errori principali. Quando ho sposato un uomo che non amavo. Quando ho messo al mondo una figlia che non volevo.

Quando ho lasciato un uomo che non amavo per un uomo che non mi amava.

Quando ho seguito un uomo che non mi amava pensando che gli avrei fatto cambiare idea.

Quando ho lasciato mia figlia a suo padre pensando che poi l’avrei ripresa e che mi avrebbe perdonata.

Quando l’uomo che non mi amava ha sposato un’altra.”

Questo è il primo libro di Lidia Ravera che leggo. Ad attirarmi è stato il titolo, forse perché sono convinta che ognuno di noi abbia avuto nella vita almeno un momento in cui quelle due parole ha desiderato sentirsele dire.

È la storia di Iris, una donna che non ha mai avuto paura di prendere decisioni controcorrente che però ha pagato ogni volta. Ha lasciato senza troppe remore il marito e la figlia piccola per inseguire un amore che si è poi rivelato sbagliato.

È rientrata a casa solo grazie a un inganno del marito e, dopo averlo scoperto, ha tentato di portare avanti un matrimonio che, in realtà, non era mai esistito.

Ora si ritrova invecchiata; teme di morire da un momento all’altro e decide di mettere ordine nella sua vita. Per farlo, segue il consiglio di C., uno psicoanalista che ha lo studio nello stabile in cui lei vive. L’ora dell’aperitivo è ormai per loro un appuntamento fisso, ed è in uno di questi incontri che l’uomo le consiglia di tenere un diario in cui raccontare il suo passato, il suo presente, il rapporto con la figlia, con la nipote, con il suo ex marito. Iris segue scrupolosamente le indicazioni, ma su quel diario inizierà a scrivere cose che lei stessa non avrebbe mai immaginato. Sarà un modo per fare i conti con tutto quello che è stata la sua vita e mostrare a noi la vera Iris.

Quello che ho apprezzato di questo libro è sicuramente l’ironia di cui la protagonista si riveste, spesso per mascherare le sue insicurezze.

Quello che, secondo me, lo penalizza, invece, è la lunghezza. Ci sono tanti elementi, forse troppi e forse tirati troppo a lungo. È stata una lettura piacevole fino a circa la metà, poi ho avuto la sensazione che ci fosse una dilatazione non necessaria della storia che, a mio modesto parere, con un’ottantina di pagine in meno sarebbe risultata più incisiva e non avrebbe perso il suo fascino iniziale.