Recensione di “Paradise Falls – Il Paradiso”

“PARADISE FALLS – IL PARADISO” di Don Robertson

Recensione a cura di Serena Donvito

“Il nome di questo posto è Paradise Falls. E ingloba dentro di sé, per cominciare, tante verità quanti sono i cuori disposti ad accoglierle. Ah, queste colline sempre presenti. Questo è un luogo dove è ancora possibile la comprensione della moralità.”

Paradise Falls, cittadina nel cuore dell’Ohio, viene definita l'”Arcadia”, cioè il luogo dove tutti vivono in armonia… almeno apparentemente.

Il cittadino più importante è sicuramente Ike Underwood che tiene in mano, grazie alla sua ricchezza e posizione, le redini di Paradise.

È l’arrivo in città di Charles Palmer Wells, subdolo arrivista senza scrupoli, a sovvertire tutti gli equilibri.

Non potevo iniziare questo libro in periodo più sbagliato.

Tante cose per la testa, progetti impegnativi da seguire e lui, con le sue 670 fitte pagine.

È il primo libro che leggo di Robertson, e faccio fatica a esprimere un’opinione, ma ci provo.

La prima difficoltà che ho trovato è rappresentata dell’impaginazione. Pagine fitte, praticamente prive di paragrafi e di qualsivoglia respiro. Il libro, tra l’altro, non è diviso in capitoli ma in parti. Tutto questo mi ha reso un po’ difficile la lettura.

Passiamo al resto.

La storia è ambientata nel 1865 e inizia con il rientro dalla guerra dei Paradise Falls Blues. Tutti i cittadini li attendono per festeggiarli, e i preparativi sono l’input per farci conoscere i tanti, troppi personaggi. E questa è la seconda difficoltà. Un minestrone di nomi, non sempre accompagnati da una contestualizzazione esaustiva: ho trovato quindi grosse difficoltà nel ricordare sia i nomi stessi sia il ruolo di molti di essi all’interno della storia.

La narrazione salta tra presente e passato. Ci presenta un personaggio e poi lo mette in standby per poi riprenderlo quando giunge il suo momento. È uno stile che ho trovato a tratti confusionario ma, c’è un ma… questo libro è un po’ come il pendolo che viene usato per l’ipnosi. Lo guardi diffidente ma non riesci a smettere di osservarlo, poi ti lasci guidare, e gli permetti di portarti dove vuole.

Robertson ha una penna magica a cui devi concedere di guidarti. Se glielo permetterai ti godrai un viaggio guidato nella miseria umana, nelle paure, nelle delusioni, nella scaltrezza, nei cuori più puri e in quelli neri come la pece. Ti farà conoscere la forza, la furbizia, e il coraggio delle donne che arricchiscono chi sta loro accanto, la determinazione dei senza speranza, il coraggio dei sentimenti e la forza della disperazione.

Probabilmente non ho scelto uno dei libri più facili per approcciarmi a lui, ma intendo proseguire la sua conoscenza.