Recensione di “Lucrezia Borgia”

“LUCREZIA BORGIA” di Maria Bellonci

Recensione a cura di Alessandra Ottaviano

Maria Bellonci racconta Lucrezia Borgia in una possente biografia che le è valso, a ragion veduta, il “Premio Strega”.

Il libro è una pietra miliare, un punto di riferimento per tanti scrittori che si sono cimentati a narrare la storia dei Borgia, una famiglia che ancora oggi esercita su ognuno di noi un fascino magnetico.

Mentre la letteratura si è sempre dibattuta se presentare Lucrezia come una vittima innocente o come un’incestuosa avvelenatrice, l’Autrice ne analizza la storia, attraverso lettere e documenti dell’epoca, compiendo una ricerca mirabolante e riportandoci i fatti senza mai sbilanciarsi sul suo pensiero personale. Mentre la fantasia dei romanzieri si è accanita su di lei, facendone la personificazione di ogni scandalo e indecenza, la Bellonci vede oltre:

Anche lei era una Borgia, e sente anche lei la forza di quel sangue che le fa impeto e che si dà ragione da sé, fuori da ogni morale, brutalmente e splendidamente. Solo in tempi più tardi, dal disordine della sua anima che sta fra la religione e la sensualità, fra la volontà di una vita disciplinata e l’ardente anarchia dei desideri, saprà levarsi e intraprendere contro il padre, contro il fratello o contro il suocero, duca di Ferrara, quelle sue ribellioni che la condurranno, sola fra i Borgia, a salvarsi.

Il saggio si apre con una precisa panoramica della condizione politica dell’Italia sul finire del ‘400: suddivisa in piccoli stati, capeggiati da famiglie rivali, in perpetuo conflitto tra loro.

Lucrezia, figlia dell’istrionico papa Alessandro VI, a soli tredici anni si presentava come utile pedina da spendere in alleanze matrimoniali che miravano ad accrescere la stabilità e il potere dello Stato pontificio.

A tal fine, viene data in sposa a Giovanni Sforza, signore di Pesaro, che finirà per darsi alla fuga, preferendo essere deriso per la sua presunta impotenza piuttosto che ucciso.

Una lungimiranza, questa, che mancò al giovane Perotto il quale, invece, finì gettato nel Tevere per aver avuto una relazione con Lei.

Anche al suo secondo marito, Alfonso di Bisceglie, toccò la stessa infausta sorte.

Solo il suo terzo marito, Alfonso d’Este, riuscì a scampare la furia di Cesare Borgia, (fratello di Lucrezia) il condottiero senza scrupoli che, lasciato il vestito da cardinale, indossò l’armatura da guerriero per andare alla conquista della Romagna, macchiandosi di tutte le nefandezze possibili e usando ogni mezzo morale o illecito per giungere al suo brandello di gloria e guadagnarsi un oscuro posto nella storia.

L’Autrice ci mostra una bambina costretta a diventare donna prima di averne effettiva coscienza. Amante del lusso e delle feste, in costante competizione con la cognata Isabella d’Este; ma, anche, sensibile all’arte e alla poesia, aspetto caratteriale, questo, che la condusse al grande amore (platonico) per il veneziano Pietro Bembo.

“Era un amore letterato e caldo, non direi nemmeno di sensi, ma di spirito e sangue, una fervida effusione di ogni facoltà vitale.”

La prosa della Bellonci è di alto livello: le descrizioni accurate dei luoghi e degli stati d’animo dei personaggi sono sublimi; al contempo, la narrazione non è propriamente scorrevole, necessitando di attenzione e di un minimo di conoscenza dei fatti.