Recensione di “La selva degli impiccati”

“LA SELVA DEGLI IMPICCATI” di Marcello Simoni

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

Villon non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto.

Nel corso della sua esistenza aveva visto commettere ogni sorta di turpitudine in nome dell’ira, della lussuria e dell’invidia, ma quelle ispirate dall’avidità erano di gran lunga le peggiori. L’avidità, sì! La nera semente che aveva fatto marcire il cuore di Parigi, permettendo ad aristocratici, alti prelati e strozzini di dissanguare il popolo, riducendolo alla miseria.

Probabilmente il noto finanziere statunitense Gordon Gekko non sarebbe d’accordo su una tale definizione di avidità. Tuttavia, altrettanto probabilmente, nemmeno lui potrebbe negare che “La selva degli impiccati” sia un bel romanzo e che il suo Autore sia bravo.

In effetti, prendendo spunto dalla vita (con molti aspetti ancora ignoti) di François Villon – “il poeta maledetto che ha donato alla Francia le più belle ballate del tardo Medioevo” (definizione tratta dalla “Nota dell’autore”) Marcello Simoni costruisce una trama degna del miglior Alexandre Dumas (padre) e del miglior Alessandro Manzoni, con un pizzico dello Scaramouche cinematografico interpretato da Stewart Granger (basato sul romanzo di Rafael Sabatini), nella quale confluiscono gli elementi classici del romanzo d’avventura d’alta qualità.

Simoni è una garanzia per quanto attiene le ricostruzioni storico-sociologiche-toponomastiche che sono alla base dei suoi scritti, e anche “La selva degli impiccati”, ambientato nella Francia, in particolar modo Parigi, del XV secolo non sfugge alla regola del prezioso lavoro di ricerca svolto dall’Autore (e descritto nella “Nota”).

Il lettore è, così, subito catturato dai personaggi, sia positivi che negativi, e grazie al sapiente uso del ritmo narrativo, corroborato dalla lunghezza variabile dei capitoli, è costretto, suo malgrado, a voltar pagina in un turbine di sentimenti e colpi di scena.

C’è sempre da imparare con i romanzi dell’Autore di Comacchio: sia una parola desueta come prevosto, siano personaggi realmente esistiti ma ignoti ai più come, appunto, François Villon o… Petrus Patavinus o sia, perché no, un po’ di francese!

Dialoghi intriganti, specie quelli che vedono Villon protagonista, descrizioni accurate: “La selva degli impiccati” è scritto bene e, senza alcun dubbio, merita d’essere letto.