Recensione di “Il popolo degli alberi”

“IL POPOLO DEGLI ALBERI” di Hanya Yanagihara

Recensione a cura di Serena Donvito.

Norton Perina, giovane medico, viene mandato su una remota isola micronesiana per svolgere un lavoro di ricerca che lo porta a scoprire che la carne di un’antica tartaruga contiene la formula per la vita eterna. La scoperta gli donerà prestigio.

La sua permanenza sull’isola lo indurrà anche ad adottare diversi bambini orfani o venduti dai genitori in cambio di denaro; bambini che recherà con sé al rientro. Perina viene però accusato di aver abusato di loro.

Il suo più caro amico, Ronald Kubodera, lo invita, durante la permanenza in carcere, a scrivere la sua versione dei fatti, e così inizia la storia.

Ho capito che ogni tot di belle letture ne arriva una deludente, ma ci sta. Terminato il libro ho curiosato qua e là tra le varie recensioni, e sapere che non sono stata l’unica a non apprezzarlo mi ha confortata.

Ho trovato le prime 100 pagine inutilmente prolisse. Capisco la necessità di creare attesa verso quella che è la reale trama del libro; capisco anche il bisogno di costruire una storia intorno al personaggio, ma le ho trovate eccessivamente stiracchiate.

Quasi tutto il resto l’ho trovato disturbante. Sono abituata a letture di ogni genere, anche particolarmente forti, ma la differenza la fanno la penna e le intenzioni. Ci sono aspetti su cui l’Autrice si sofferma in modo, a mio avviso, artificioso, quasi con lo scopo di voler “scandalizzare” a tutti i costi il lettore. Ma ci sono modi e modi di farlo. Se viene naturale, bene, ma se si percepisce una forzatura vuol dire che qualcosa non ha funzionato. È un po’ come quando chi è privo di senso dell’umorismo e ironia tenta di fare delle battute di spirito: il risultato è pessimo. All’inizio ho pensato lo facesse per caratterizzare ulteriormente il personaggio, l’ambiente, ma, no, continuo a pensare che determinate cose non fossero assolutamente necessarie e che inserirle sia stato un autogol.

Ho trovato fastidiose anche le continue note che interrompevano la lettura per fornire approfondimenti che Kubodera, in quanto curatore del libro di Perina, inserisce per arricchire ulteriormente alcune parti. Poteva forse essere un’idea originale ma, anche qui, a mio avviso, ne ha abusato.  Ha senso interrompere il flusso di lettura per inserire informazioni, in buona parte dei casi, assolutamente irrilevanti al fine della storia?

L’unica cosa che salvo è il finale: per l’idea, ma non per il modo in cui è stato scritto.