Recensione di “Il delitto Matteotti”

“IL DELITTO MATTEOTTI” di Mauro Canali

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

“Dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto.

Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!

Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento a oggi.

Vi siete fatte delle illusioni! Voi avete creduto che il fascismo fosse finito… voi vedreste allora… L’Italia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa. Noi, questa tranquillità, questa calma laboriosa gliela daremo con l’amore, se è possibile, e con la forza, se sarà necessario.”

Così Benito Mussolini, il 3 gennaio 1925, in Parlamento (estratto dal libro “Il patto col diavolo. Mussolini e papa Pio XI. Le relazioni segrete fra il Vaticano e l’Italia fascista” di David I. Kertzer, edizione speciale su licenza Mondadori Libri S.P.A per Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport, 2020 RCS MediaGroup S.P.A., collana “Storia del ventennio fascista, vol. 7, pagg. 85/86. Qui la recensione ).

Prima di iniziare a parlare del saggio in parola è doverosa una precisazione.

Come riportato a pagina 7, nella “Premessa editoriale”, il testo in esame è frutto di una revisione integrale – operata dall’Autore – la quale,

“rispetto alle oltre seicento pagine originarie (“Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini”, Mulino edizioni, collana “Biblioteca storica”, 1997) è, dunque un’edizione ridotta e maggiormente centrata sul delitto e i suoi protagonisti; … la sostanza scientifica della ricerca è conservata intatta…”

Benché talvolta vittima di una certa ridondanza espositiva e di indicazione di soggetti non sempre sostenuta dalla loro funzione o ruolo nella vicenda – ciò forse come conseguenza della revisione di cui sopra – Mauro Canali accompagna il lettore, passo dopo passo, alla scoperta delle risposte, anche le più scomode, alle domande che tale fatto generò:

  • Matteotti fu ucciso “involontariamente”, come conseguenza non voluta di un’azione punitiva finita male? No. Il suo fu omicidio premeditato. Addirittura vennero previsti più piani alternativi.
  • Il suo omicidio fu ideato come conseguenza del suo celebre discorso-denuncia sui brogli operati dal Regime in occasione delle elezioni del 1924? No. L’Autore propende per la tesi, dimostrandola con dovizia di particolari, secondo la quale Matteotti venne assassinato per evitare che denunciasse in Parlamento la corruttela legata alla cosiddetta “Convenzione Sinclair” relativa a concessioni petrolifere concesse dal Regime alla compagnia statunitense. Corruttela destinata a foraggiare gli organi di informazione maggiormente vicini al Regime, tra cui quello amministrato dal fratello del Duce…
  • Benito Mussolini era davvero estraneo ai fatti? No. Anzi, l’ordine di eliminare l’avversario politico partì da lui… e coinvolse tutti i “pezzi grossi” del PFN: dal “Quadriumviro” De Bono a Cesare Rossi, passando, via via, per la Ceka, la temibile polizia segreta, in cui spiccava tale Amerigo Dumini…

Ma il saggio di Canali è interessante anche sotto altri aspetti.

Pagina dopo pagina si scopre (o si ri-scopre) che, a distanza di oltre un secolo, la sinistra italiana non è per nulla cambiata. Così come ai giorni nostri, anche allora, il socialismo era vittima di conflitti ideologici e scontri tra i suoi membri.

Lo stesso Matteotti, invero, si sganciò dal Partito Socialista storico fondando un suo movimento: il PSU (Partito Socialista Unitario). E senza dimenticare che (ironia della sorte) Matteotti e Benito Mussolini furono, inizialmente, compagni di partito…

Ancora, lo stesso Matteotti, di famiglia benestante, si trovò coinvolto in affari poco puliti con il sistema bancario del Polesine, sua terra d’origine; tantè che i suoi avversari lo bersagliavano:

“con i più fantasiosi epiteti: il “socialmilionario”, “paron Matteotti”, ed altri, volti a mettere in evidenza l’apparente contraddizione tra la sua scelta politica e l’indubbia floridezza delle sue condizioni finanziarie… L’esistenza di un rapporto fidejussorio rendeva legittimi gli interrogativi su eventuali taciute cointeressenze della famiglia Matteotti nei confronti della banca. Se si considera che la Banca provinciale del Polesine finanziava soprattutto le attività delle cooperative e delle Leghe della zona, è facile comprendere come potesse prendere consistenza la voce che Matteotti avesse ottenuto il controllo di diverse cooperative e Leghe, attraverso il loro finanziamento e la successiva ipoteca, nei casi, del resto frequenti, di debitori insolventi. Così prese a esser spiegata dagli avversari la rapida ascesa politica di Matteotti in seno al socialismo rodigino, e il grande ascendente che esercitava sulle plebi rurali.”

Paradossalmente, fu proprio la necessità di denaro, necessario al mantenimento delle proprietà di famiglia, a far cadere moglie e figli del defunto deputato nella rete, sempre più stringente, del ricatto ad opera del Regime…

E che dire di due personaggi – di riffa o di raffa coinvolti nell’affaire Matteotti – come Nicola Bombacci, “nato” comunista e “morto” fascista (ucciso insieme al Duce)? O il celebre scrittore Curzio Malaparte (al secolo Curzio Suckert), fascista della prima ora e “morto” comunista? Ma questa è un’altra storia…

Buona e istruttiva lettura.