Recensione di “Blu”

“BLU” di Giorgia Tribuiani

Recensione a cura di Antonella Raso.

Ginevra (chiamata Blu perché sin da bambina rideva per il suono di questa parola quando veniva pronunciata) è un’adolescente con un problema di personalità, vive intrappolata in un mondo tutto suo fatto di rituali ossessivi e gesti scaramantici.

È molto difficile recensire un libro come Blu, un romanzo che è una composizione di frammenti, riflessioni e ossessioni.

L’Autrice ha scelto di scrivere, usando la seconda persona singolare e uno stile nervoso, un romanzo che non si può interrompere finché non si è arrivati alla fine. La densità della scrittura rende in modo perfetto il tormento psicologico della protagonista e l’incessante lotta interiore per sconfiggere la sua dualità.

Un libro che è duro e intenso ma, anche, appassionante e toccante.

Nonostante ciò, mi ci è voluto molto tempo per finirlo: bisogna leggerlo con calma, concentrazione e senza alcuna fretta, non è un libro per tutti.

La Tribuiani indaga a fondo sulla psicologia e sulle emozioni di una ragazza adolescente, raccontando i suoi tormenti interiori, i sensi di colpa, l’ansia da perfezione e il sollievo che si prova nel compiere quei gesti scaramantici.

Una storia di incertezza e coraggio consigliata per chi è in cerca di emozioni forti e vere.

“Blu, riapri gli occhi. Chiudili. Aprili e chiudili: tre. Aprili e chiudili: quattro. Aprili e chiudili, cinque. Non vorrai che accada qualcosa di brutto – aprili e chiudili, sei – a tua madre; non vorrai che tua madre – aprili e chiudili, sette – finisca al manicomio. Fu costretta a dirtelo, Blu, ricordi? Lasciami dormire, o finisco al manicomio. Ti aveva regalato gli orecchini adesivi, quel giorno, ricordi le stelline adesive? E tu, invece. Coraggio, apri e chiudi gli occhi. Apri e chiudi sedici. Apri e chiudi diciassette. Il tuo sesso pulsa ancora di dolore, non è vero?, da quando Roberto è uscito dalla macchina e tu lì a guardarlo nuda sotto la sua giacca, ti aveva dato perfino la giacca ma tu niente, stavi lì a guardarlo con quel tuo disgusto sempre in volto, quel tuo disprezzo, l’hai guardato oltre lo sportello aperto, la tua bocca storta contro la sua spalancata, la tua faccia tesa contro la sua contratta, trasformata, orribile, lui un mostro che veniva nell’erba e tu intanto out, eri out, out, e hai pensato: che gli si spezzi il collo”