Recensione a “Quore”

“QUORE” di Claudio Spinosa

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

Prendete un po’ di alchimia, miscelatela con una buona dose di poesia, aggiungete un pizzico di esoterismo ed eccovi servito “Quore”, silloge di bozzetti per molti, ma non per tutti.

Alchimia e poesia s’è detto poc’anzi… In effetti, seppur da angoli visuali diversi, che cosa sono alchimia e poesia se non un’esperienza di crescita, un processo di liberazione spirituale e trasmissione di concetti e stati d’animo?

D’altra parte, così come la poesia è una forma d’arte il cui fine è la creazione di componimenti, e per farlo deve seguire particolari leggi, anche il processo alchemico richiede che l’“operatore” segua un cammino ben definito, composto da stazioni imprescindibili per il raggiungimento dell’obiettivo finale.

Nigredo, Albedo, Citrinitas, Rubedo, ai più, dicono poco o nulla. Claudio Spinosa ne ha fatto il cuore di… “Quore”, grazie a richiami e a immagini vivide dipinte nei suoi canti: Nigress, Iosis, Muschio, In Vitriol, Eva, sono (solo alcuni) omaggi all’antica (o moderna) arte (o filosofia) alchemica.

L’esoterismo, però, non si ferma qui: se 1701 e Il Gallo rimandano alla massoneria, Zedeq avvicina alla Torah e Ogosoka ci trasporta nella cultura giapponese…

Certo, le liriche di Spinosa non sono facili: occorre leggere e rileggere i suoi pensieri, i suoi quadri. L’Autore ama i giochi di parole, confondere il lettore, portarlo in un luogo e, subito dopo, al suo opposto…

Potrei scomparire nel nulla senza essere mai apparso.” Scrive Spinosa in chiusura della sua Opera.

In effetti, ciò che pare emergere da “Quore” è un senso di ineluttabilità, di inevitabile:

“…a che serve lottare quando tutto scompare?” (da “Tutto scompare”)

E ciò vale anche per il sentimento più forte che l’essere umano possa provare: l’amore.

“…La distanza annulla il tempo. È più facile pensarti che amarti…” (da “Volevo”).

Per fortuna, il Nostro non è, però, privo d’ironia come dimostrato in “Riverside”, anche se è lecito dubitare che per “Entronauta” e “L’essere umano è finito” si sia ispirato, rispettivamente, a “Balla” di Umberto Balsamo e a “Esseri umani” di Marco Mengoni…

Soprattutto (e nonostante tutto) continua a essere ottimista:

“…dimenticando che la vita è un pezzo di cielo da colorare…” (da “Fracassi d’esistenza”).

In chiusura, lo scrivente non può esimersi dal manifestare un collegamento (alchemico?) sviluppatosi nella sua mente tra i versi in lettura e quelli composti in passato da un famoso collega di Claudio Spinosa:

“…/D’infiniti cortei d’infedeli, città gremite di stolti/Io che sempre rimprovero me stesso, (perché chi più stolto di me, chi di me più infedele?)/D’occhi che invano anelano la luce, scopi meschini, lotta rinnovata ognora,/…”

Ai lettori più attendi scoprire chi sia il Poeta nascosto e a quale poesia “alchemica” appartengano le parole sopra citate.