Recensione a “Per chi suona la campana”

(La copertina sopra riportata è meramente indicativa e rappresenta la versione spagnola del romanzo. Per la recensione di cui infra ho letto il testo riportato nella collana “I Meridiani”, ed. Mondadori, 1993; in particolare: “Hemingway. Romanzi. Tomo 2°. Traduzione a cura di Maria Napolitano Martone.)

“PER CHI SUONA LA CAMPANA” di Ernest Hemingway

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

No man is an Iland, intire of itself;

every man is a peece of the Continent, a part of his maine;

if a Clod bee washed away by the Sea, Europe is the lesse, as well as if a Promontorie were,

as wellas if a Mannor of thy friends, or of thine owne were;

any mans death diminishes me, because I am involved in Mankinde;

and therefore never send to knowfor whom the bell tolls.

It tolls for thee.

Sono questi i celebri versi di John Donne (poeta, religioso e saggista inglese, vissuto a cavallo dei secoli XVI e XVII) dai quali Ernest Hemingway trasse ispirazione per intitolare uno dei suoi più famosi romanzi: “For Whom the Bell Tolls” (appunto: “Per chi suona la campana”) e usati dallo stesso Hemingway come epigrafe al suo Scritto.

and therefore never send to knowfor whom the bell tolls.

It tolls for thee.

(E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana.

Essa suona per te.)

Parole potenti che nelle mani di Hemingway sono diventate un capolavoro immortale.

“Per chi suona la campana”: un romanzo, un libro, che i cosiddetti “Intellettuali di sinistra” dovrebbero leggere e rileggere per capire.

Ambientato in Spagna, durante i tragici anni della Guerra Civile (che Hemingway visse in prima persona), “Per chi suona la campana” non è un romanzo di guerra, bensì un romanzo sulla guerra o, meglio, un romanzo che parla di uomini e donne costretti (loro malgrado) a vivere la guerra.

Invero la guerra (propriamente intesa) è lì, si percepisce in ogni pagina, in ogni parola, in ogni pensiero dei protagonisti ma è come se, di fatto (tranne le ultime pagine), rimanesse sullo sfondo, lontana (seppur vicina…)

Hemingway è bravo (e non è certo una scoperta): pur essendo i suoi orientamenti politici ben noti (e che gli costarono il Premio “Pulitzer”), ed essendo altrettanto nota la sua preferenza fra uno dei gruppi di contendenti, egli riesce, con il giusto equilibrio, a far capire al lettore che nessuno (specie in uno scontro fratricida come quello narrato) è meglio dell’altro e che nessuno potrà dirsi vero vincitore.

Amore, amicizia, tradimento, egoismo, generosità, paura della morte…. Sentimenti che, da sempre, connotano l’essere umano e che, per forza di cose, in un frangente crudele come solo la guerra sa essere vengono amplificati all’ennesima potenza. Sentimenti che Hemingway tratteggia da par suo, andando dritto al punto, senza se e senza ma.

Un romanzo denso, duro, che fa riflettere e che, paradossalmente, Hemingway si diverte a stravolgere, inventandosi un finale aperto…

Aperto, come se volesse affidare a ciascun lettore una chiusura, una fine, consona al messaggio da esso recepito.

Robert Jordan vivi.