Recensione a “L’identità”

“L’IDENTITÀ” di Milan Kundera

Recensione a cura di Serena Donvito

Questa è una storia di insicurezze, errori, vanità.

Di incertezze:

“Ma se, prima di quell’incontro a tu per tu, l’avesse frequentata a lungo in compagnia di altri, e l’avesse vista quale era con gli altri, avrebbe riconosciuto in lei l’essere amato? Se avesse saputo di lei solo il volto che mostra ai colleghi, ai superiori, ai dipendenti, quel volto lo avrebbe colpito e conquistato? Sono domande a cui non trova risposta.”

Al centro c’è un amore ossessivo nella ricerca di conferme. Parti ipnotiche, grazie alla sincerità a volte cruda di cui sono rivestite.

“Il ricordo del figlio morto la colmava di felicità, e lei non poteva fare altro se non chiedersi che cosa ciò significasse. La risposta era ovvia: significava che la sua presenza accanto a Jean-Marc era assoluta, e che poteva esserlo solo grazie all’assenza di suo figlio. Chantal era felice che suo figlio fosse morto.”

La storia è particolare, tanto quanto la scrittura che in alcune parti ho trovato claustrofobica, ansiogena.

Ciò che ha lasciato un particolare segno è il finale. Non perché diverso dalle aspettative, ma perché quasi inesistente se paragonato al resto del libro. A un certo punto della storia mi sono chiesta cosa si fosse studiato Kundera per uscire dal ginepraio in cui aveva condotto i lettori. Quando sono arrivata all’ultima pagina sono rimasta un po’ incredula davanti a una scelta che, mio personale parere, non si sposa con la ricchezza dell’opera.