Recensione a “Il Patto. Stalin, Hitler e la storia di un’alleanza mortale. 1939-1941”

“IL PATTO. STALIN, HITLER E LA STORIA DI UN’ALLEANZA MORTALE. 1939-41”

Di Claudia Weber.

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

23 agosto 1939: una data che, ai più, dice poco ma che, per l’Europa dell’epoca (e attuale), segnò un punto di discontinuità, ovvero l’aver messo nero su bianco una unione di intenti da parte delle guide politiche fino ad allora ritenute le più distanti, per non dire inconciliabili: Hitler e Stalin, nazionalsocialismo e comunismo.

Come e, soprattutto, perché si giunse a quello che la Pravda definì uno «strumento di pace», un accordo dove:

“Mentre l’ostilità politica passava in secondo piano, a rendere possibile l’alleanza politica furono le analogie totalitarie, la volontà di potere imperiale e le correlazioni storiche”?

Se il finanziere Gordon Gekko liquiderebbe il tutto con il sostantivo avidità e l’intellettuale George Orwell metterebbe tutti in guardia – come nella realtà ha fatto tramite i suoi scritti su propaganda, politica e censura – circa l’abolizione della libertà di pensiero da parte del totalitarismo, il Patto una origine ben precisa ce l’ha: la fine della Prima Guerra Mondiale e la miopia (saccenza? Supponenza?) con la quale i governi di Francia, Gran Bretagna (e Stati Uniti) hanno gestito la fine delle ostilità e relativo dopoguerra.

Perché, ricordiamolo, Hitler poteva essere fermato e i milioni di morti causati dalla ignavia anglo-francese gridano ancora vendetta [sul punto si consiglia la lettura, tra gli altri, di La strana guerra. 1939-1940: quando Hitler e Stalin erano alleati e Mussolini stava a guardare di Arrigo Petacco.]

Claudia Weber accompagna il lettore in pagine che trasudano il cinismo proprio dei fautori – comprimari e portaborse – di quei tragici eventi.

“Al centro dell’accordo si trovava il Protocollo aggiuntivo segreto [in appendice al libro, n.d.r.], di cui Ribbentrop, Molotov e Stalin negoziarono i contenuti nell’agosto a Mosca e di cui Mosca negò con foga l’esistenza fino alla fine della guerra fredda. Solo nel dicembre del 1991, quando fu messo sotto pressione, Michail Gorbačëv consentì la consultazione dell’originale russo conservato negli archivi del Cremlino, il quale documentava un accordo che – come Gorbačëv sapeva bene – avrebbe scosso dalle fondamenta il mito dell’antifascismo comunista. Il Protocollo aggiuntivo segreto attestava che Stalin, a differenza di quello che la storiografia sovietica aveva sempre affermato, non accondiscese al patto solo per differire l’attacco di Hitler e la guerra per l’Unione Sovietica. Entrambi i dittatori condividevano invece la volontà di espansione politico-ideologica. Il Protocollo definiva le «sfere di interesse» di entrambi, o meglio i loro confini nell’Europa orientale.”

E fu così che:

Su questo piano gli assassini nazionalsocialisti e stalinisti si incontrarono. Condivisero una disponibilità all’uso della violenza e del terrore che si manifestò durante i reinsediamenti concordati e nella successiva crisi innescata dai profughi, lasciando sullo sfondo gli antagonismi ideologici.”

Tra le righe di questo saggio emerge, altresì, come, fra i due leaders, il vero politico, scaltro, scafato, fu proprio Stalin: pur essendo alleato di Hitler, non chiuse mai del tutto la porta agli inglesi e si tutelò a oriente grazie al trattato sottoscritto con il Giappone dopo le scaramucce di fine anni ’30 (con relativo dispetto proprio a Hitler…).

Stalin, l’État c’est moi, quello che:

“La diffidenza paranoica, sospetti ovunque, pensiero complottista e accuse infondate erano le basi dello stalinismo… Se Stalin aveva deciso di considerare gli avvertimenti come disinformazione, neanche Berija osava contraddirlo: ancora il giorno prima dell’attacco tedesco richiese che Dekanozov [ambasciatore sovietico a Berlino] venisse rimosso proprio perché ne aveva comunicato la data.”

Stalin, la Ragion di Stato fatta persona e ben riassunta nelle parole di Molotov:

«Aspettavamo l’attacco e il nostro obiettivo principale era di non fornire a Hitler alcuna scusa».

E così il 22 giugno 1941:

“… i crimini, le follie e le tragedie del patto Hitler-Stalin scomparvero. La sua fine coincise con la nascita dell’alleanza occidentale con Stalin, che il pragmatismo di Churchill ha considerato il male minore: the lesser of the two evils.”

Il resto, come suol dirsi, è storia.

Il Patto, un saggio tutto sommato breve, ricco di note, angosciante per le verità che dice, che spiega perché milioni di innocenti, confidando nelle promesse anglo-francesi, siano morti e che dimostra come le ideologie, alla prova dei fatti (interessi personali), lascino il tempo che trovano.

Buona e, soprattutto, istruttiva, per non dimenticare, lettura.