Recensione a “Il convento dei segreti” romanzo di Giada Trebeschi

“IL CONVENTO DEI SEGRETI” di Giada Trebeschi

Recensione a cura di Beniamino Malavasi

Non solo un affresco storico della Sicilia spagnola del tardo XVII secolo (con il richiamo, tra l’altro, alla produzione della seta, vero tesoro di quell’epoca della parte orientale dell’Isola).

Non solo quel sapore di “cappa e spada” che ne rende gradevole la lettura.

Non solo la descrizione di cosa significasse vivere (?) in un convento di clausura (superando il leggendario La sventurata rispose di manzoniana memoria).

Non solo l’intervento della Natura come momento di rottura degli accadimenti, spartiacque fra il prima e il dopo (e qui scatta il parallelo con l’incendio della Biblioteca descritto da Eco ne Il nome della rosa).

Il piacere che dà Il convento dei segreti è racchiuso nelle due paginette conclusive del libro ove Trebeschi spiega come ha costruito il suo romanzo. In particolare, ciò che colpisce, e che costituisce merito al lavoro di ricerca svolto dall’Autrice, è la lingua o, meglio, il dialetto, nelle sue declinazioni proprie delle varie zone della Trinacria toccate dalla trama. Invero, se Manzoni ha voluto/dovuto sciacquare i panni in Arno per rendere il suo scritto nel miglior italiano, Giada Trebeschi [che, ricordiamolo, non è siciliana di nascita] si è spinta oltre: consultando esperti di glottologia e linguistica storica ha dato al lettore parole vere, proprie del contesto narrato.

Idem per la licenza poetica [solo temporale, come da Lei dichiarato] della serenata.

Qualcuno potrebbe chiedersi o, comunque, obiettare: che recensione è quella che si occupa delle Note dell’Autrice e non del libro appena letto?

Risposta: dopo aver consigliato al richiedente di cui sopra di consultare un dizionario di lingua italiana alla voce recensione per scoprirne il significato, al medesimo richiedente potrebbe farsi riflettere come, in un mercato come quello attuale dove l’offerta letteraria è molto ampia, sono i cosiddetti dettagli (che, poi, a ben guardare, dettagli non sono, bensì il frutto di un lavoro di ricerca non sempre facile) a fare la differenza; e saper scrivere la parola giusta, indipendentemente dalla lingua cui quella parola appartenga, inserendola nel contesto storico-culturale giusto, fa la differenza.

Ci si è intrattenuti sull’uso dei dialetti siciliani perché il loro inserimento nel romanzo de quo è uno degli aspetti della scrittura di Trebeschi che più balza all’occhio. Ma la sottolineatura di ciò che sta a monte vale anche per tutti gli altri elementi qualificativi Il convento dei segreti: un esempio? Il “bastone siciliano”…

Sì, in generale le Note dell’Autore/Autrice testimoniano la cifra dell’impegno dello Scrittore/Scrittrice di offrire al lettore/lettrice un prodotto di qualità.

Dimenticavo: sì, Il convento dei segreti è scritto bene e si legge bene.

Buona e istruttiva lettura.