“Attraverso i tuoi occhi” Di Cinzia Corsaro

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ATTRAVERSO I TUOI OCCHI

Di Cinzia Corsaro.

Ti muovi con la disinvoltura di un felino tra gli sguardi ammaliati dei tuoi devoti proseliti, lambendoli come risacca settembrina, con un appena intuibile sorriso, sinuosa, nel tuo attillato orgoglio, sorretto da vertiginosi tacchi di solido disincanto.

Come una dea, inarrivabile nella tua regale indifferenza, lasci che l’invidia strisci rossa e turgida sulle labbra delle adoranti vestali, attente a carpire ogni tuo cenno, nella ingenua illusione di poter rubare il segreto della divinità.

Con un flûte di spumeggiante noia in mano ti avvicini al balcone, guardando il riflesso delle ombre di muta inutilità muoversi con costruita noncurante eleganza, come colorati pesci pagliaccio in un acquario, evitando, con sarcastica precisione, di incrociare il tuo riflesso.

Ma è difficile sfuggire al richiamo di quegli occhi, magnetiche ossidiane avvolte in mandorle di bronzo cesellato di solitudine, come solitari mondi incapaci ormai di vedere fuori dalla propria asfissiante atmosfera.

Eppure, un tempo quegli occhi avevano catturato il sole, attraversato oceani di possibilità, volato su cieli di sogni, abbracciando il cuore di Dio.

Cerchi di distogliere lo sguardo ma ormai è troppo tardi,

ormai la vedi,

ormai ti vedi.

Cosa è successo?

Come hai potuto lasciare che i tentacoli della paura dissacrassero la purezza della tua anima?

Torni indietro, posi il bicchiere, attraversi l’effimero vestito di sobria finzione ignorandone il raffinato mormorio.

Getti via le scarpe appena fuori dalle porte del luccicante nulla, poggi i piedi sull’erba umida di rugiada come quando eri bambina,

quando credevi ancora, libera dalle catene dell’apparire, nella vera bellezza della semplicità.

Lacrime calde ti rigano il viso, sciogliendo i tuoi ceppi insieme alle ore di trucco, costretti ad arrendersi alla impetuosità di quel fiume di vita.

Alzi gli occhi specchiandoti nella notte e ridi. Si, ridi.

Da quando tempo non ridevi più?

Senti qualcosa sfiorarti la mano, abbassi lo sguardo, sorridi: “Sei tornata?”

Dici alla bambina dagli occhi di sole che ti stringe la mano.

“Sì. Andiamo a casa?”

Ti sciogli i capelli: niente più lacci, niente più catene.

“Tu conosci la strada?”

Lei annuisce indicando l’aurora.

“È lontano?”

Le chiedi fissando lo sguardo verso il sole nascente.

“Non lo so, qui è lontano?”

Risponde la bimba, posando la sua nivea mano sul tuo cuore.

“No, non più. Vieni, torniamo a casa”

Le rispondi dolcemente, tenendo stretta la mano intorno alla ritrovata innocenza.

Eco dell’Essere